Comunicazione, il prefetto del Dicastero vaticano: il Giubileo, occasione per chiederci come usiamo gli strumenti che l'era digitale ci mette a disposizione Roma Prima la comunicazione. In tutti i sensi.
Primo grande evento nel calendario dell'Anno Santo, il Giubileo del mondo della comunicazione è il primo punto di riferimento per dare alla speranza una dimensione concreta. Il prefetto del Dicastero vaticano per la Comunicazione, Paolo Ruffini, interpreta così la coincidenza con la festa di san Francesco di Sales (24 gennaio), che ha spinto a prevedere proprio in questo fine settimana il passaggio della Porta Santa per gli operatori di uno degli ambiti più importanti per la convivenza civile, la pace e la democrazia.
«In effetti spiega il Giubileo stesso è un grande atto comunicativo. Dunque possiamo riscoprire il significato più profondo dell'Anno Santo, che come ha detto il Papa non è turismo, grandi eventi spettacolari fini a sé stessi ma un momento di riflessione. Per noi comunicatori, in particolare, è l'occasione per domandarci se tutti gli strumenti che l'era digitale ci mette a disposizione sono usati affinché la comunicazione sia vera, le relazioni siano profonde e si possa comunicare così anche la speranza».
Secondo Ruffini, «si può essere pellegrini di speranza anche attraverso il lavoro nei media, recuperando la dimensione della relazione e comprendendo che la comunicazione è un agente di cambiamento, nel bene». Cita perciò Italo Calvino «raccontare bene anche il male» e sottolinea che «ci sono due modi per vivere nell'inferno del nostro tempo: abituarsi e finire con l'esserne parte, oppure cercare nell'inferno quello che inferno non è e dargli spazio». Per i giornalisti, dice il prefetto, questo significa «raccontare le vie di bene che possono cambiare l'inferno». In sostanza «mettere in campo un modo di fare giornalismo che non sia disperato, che non si arrenda alla prima impressione, ma che cerchi di andare sempre in profondità».
Anche la struttura della tre giorni giubilare è ispirata a questa concezione. Si parla di molti temi: pace, democrazia, lotta alla povertà, conoscenza della Chiesa, e naturalmente intelligenza artificiale e fake news. Bisogna averne paura? «Penso risponde il prefetto che non dobbiamo mai preoccuparci di quelle che l'Inter mirifica chiamava grandi e meravigliosi mezzi. Il tema è piuttosto l'uso di ogni strumento. Un tema che ci riguarda tutti.
L'IA può diffondere fake news o può essere uno strumento di verifica dei fatti potente, perché ci aiuta a risalire alle fonti. Dobbiamo capire chi regola il sistema, come vengono scritti gli algoritmi, cosa presiede al business che c'è dietro la comunicazione. Mediando altresì tra la spregiudicatezza di chi dice io devo fare solo business e il mito di Stati etici che sacrificano la libertà sull'altare di controlli sempre più stringenti». Occorre invece «che l'economia abbia una sua etica così come la comunicazione».
Qui si coglie anche la geometria reale di questo primo grande evento. «Un evento per credenti e no. Perché, tanto per fare un esempio, l'uso distorto dell'IA o dei social ci riguarda tutti».
Così come è nell'interesse generale un giornalismo di pace o a supporto della vera democrazia». Non è un caso, dunque, che democrazia e pace siano al centro di due degli incontri del programma.
Allo stesso modo si affaccia il pericolo di un giornalismo senza più giornalisti.
Ruffini ricorda quante volte il Papa ha parlato dell'importanza di questi ultimi.
«Si comincia a fare a meno dei giornalisti e si arriva man mano a fare a meno della verità. Ma sarebbe sbagliato anche pensare il giornalismo come una casta e la comunicazione come l'ambito di una oligarchia. Il discorso vale anche per altre professioni dice il prefetto che rischiano di scomparire in una visione idolatrica e sbagliata dell'IA».
La Chiesa, conclude Ruffini, può dare una grande mano. «Oggi crede più di tutti in una comunicazione autentica, ispirata alla verità e a misura d'uomo.
Laddove alcuni usano la comunicazione per il marketing o per creare bolle di odio, i cattolici promuovono l'amore per l'altro. Vogliamo testimoniarlo anche con questo evento giubilare».
(Da Avvenire, 25 gennaio 2025)