di Janvier YAMEOGO
Guido Convents: un intellettuale e un ricercatore atipico
Grazie alla sua formazione di storico e antropologo, Guido ha sviluppato spontaneamente una passione per il cinema, intuendo nell’arte cinematografica la capacità di tessere legami tra persone e comunità. Ricercatore rigoroso, univa umiltà e umorismo con una semplicità disarmante e la forte convinzione che il cinema e i media comunitari potessero favorire il dialogo, la pace, la dignità e la speranza. L’interesse per i film del sud del mondo, in particolare per il cinema africano, fa parte del suo percorso umano e intellettuale.
Assetato di verità e di relazioni umane autentiche
“Conoscevo per nome tutti i fiumi del Congo grazie alle immagini dei missionari,” raccontava durante un incontro. “Ogni sabato e domenica frequentavo il circolo degli stranieri con congolesi, senegalesi e algerini. Commentavano la politica belga in Africa. Frequentavo anche studenti rifugiati provenienti dal Brasile, dall’Argentina e dal Cile che fuggivano dalle dittature. Stavo con loro, guardavamo la televisione e loro iniziavano a urlare quando sentivano le spiegazioni dei nostri politici. Per loro erano bugie. Mi spiegavano in modo critico la situazione e mi davano la loro versione della colonizzazione».
Questo ha segnato la visione di Guido sul cinema e sulla comunicazione in generale come narrazione del mondo. Impegnandosi per decolonizzare gli schermi e le menti, contribuendo meticolosamente a sviluppare uno sguardo critico, è stato talvolta stigmatizzato come sovversivo o addirittura anarchico.
La nascita dell’Afrika Filmfestival di Lovanio
Nel 1996, durante la grande fiera “Vierkant voor Afrika - Decisamente per l’Africa”, che riuniva le ONG delle Fiandre attive in Africa, con circa 20.000-30.000 persone riunite, Guido Convents si è accorto che non c’era nessun africano a spiegare la situazione, mentre le ONG discutevano dei problemi in Africa e della loro risoluzione. I pochi africani presenti non avevano diritto di parola; ma erano parte della scena solo per suonare il djembe o vendere braccialetti.
Da questa sua indignazione è nato l’Afrika Filmfestival di Lovanio, con l’obiettivo di “rendere omaggio agli africani” e far vedere al pubblico film in grado di decostruire gli stereotipi. Ogni anno questo Festival riceve circa 2500-3000 film e riunisce più di 400 volontari che contribuiscono con determinazione alla sua realizzazione, promuovendo l’umanizzazione attraverso la cultura, nella convinzione che le immagini possano trasformare la vita delle persone e favorire una pari dignità di tutti.
“Conosco tutte le persone che cito nel libro”, spiegava Guido. “Mi sono specializzato, mi sforzo di incontrarle”. Nel suo libro L’Afrique? Quel cinéma! Un siècle de propagande coloniale et de films africains (2003), cura un elenco commentato dei film coloniali, realizzati anche con il sostegno dei governi africani.
Georges Nzuzi Salambiaku, presidente dell’ACCC (Associazione Congolese dei Critici Cinematografici) lo ricorda in questo modo: “Guido è stato un personaggio di grande impatto e ha sostenuto la nascita di numerose iniziative cinematografiche in Africa, in particolare nella Repubblica Democratica del Congo, con la creazione dell’ACCC. Guido ha contribuito a tessere una rete mondiale di critici. Ha dato voce al cinema africano, difendendo una narrazione indipendente e portatrice di valori, proveniente principalmente dall’Africa e dai paesi del Sud, con la costante preoccupazione di umanizzare la settima arte, la cultura e i media in generale”.
Di fronte alle guerre e ai conflitti attuali, l’intuizione di Guido Convents echeggia di validità nell’era della post-verità: ritrovare lo spirito critico e cercare sempre la verità, anche quando è scomodo e ci mette a disagio. In un’epoca in cui la realtà viene raccontata attraverso filtri, la battaglia decisiva si gioca sul linguaggio, nello spazio fragile ma decisivo delle parole che scegliamo per dipingere la vita quotidiana.