Fabio Colagrande - Città del Vaticano
Sacerdoti costretti ad ammettere che la prossimità significa oggi irresponsabilità e voler bene alla propria comunità significa tenerla lontana. È questo il paradosso drammatico che si vive in questi giorni nelle parrocchie delle diocesi italiane per l’epidemia del virus Covid-19 che ha spinto la Conferenza episcopale italiana ad adeguarsi ai decreti governativi sospendendo tutte le cerimonie religiose. Mentre in molte province aumentano contagi e decessi, i parroci e i preti, consapevoli della loro missione, cercano nuove forme di pastorale nei mezzi digitali, incentivando la preghiera, decisi in questi giorni drammatici a restare in prima linea con la fantasia dettata dallo Spirito.
Niente festa al quartiere romano Trionfale
È il caso di una parrocchia storica di Roma, San Giuseppe al Trionfale, che in queste settimane di marzo avrebbe vissuto allegramente, coinvolgendo come al solito tutto il quartiere, la festa del Santo Patrono e invece vive come tante altre nel silenzio e nella paura. “Stiamo cercando di non perdere il contatto con i nostri fedeli”, racconta don Salvatore Alletto, vice parroco e responsabile dell’Oratorio. “Vogliamo far sentire che la comunità c'è e soprattutto rafforzare i legami tra di noi”. La parrocchia offre così momenti di preghiera in diretta su Facebook. Il primo è al mattino alle 8 con le Lodi e poi c’è la Santa Messa, naturalmente celebrata a porte chiuse. La Chiesa parrocchiale invece viene aperta solamente per la preghiera personale. Alle 19, poi, quando viene richiusa, si trasmette via web un altro momento di preghiera, quello serale, con la novena a San Giuseppe. “Per noi è dura non poter celebrare insieme la festa”, spiega don Salvatore. “Però ci prepariamo lo stesso con la novena e i social ci danno questa possibilità di pregare insieme”.
La preghiera di intercessione
“Come sacerdote vivo con sofferenza questo momento”, spiega ancora don Salvatore. “Devo dire che ammiro molto le persone che oggi sono in prima linea. Tutti i medici, gli infermieri, ma anche tanta gente che, nonostante l'emergenza, sta continuando il suo lavoro. Come tutti i sacerdoti, mi sono chiesto cosa posso fare per stare vicino alla gente senza essere irresponsabile. La prima cosa importante è certamente la nostra preghiera di intercessione. Un po' come Mosè pregava per il Popolo anche noi siamo chiamarti a pregare per tutta la nostra comunità”. “Però, allo stesso tempo, non dobbiamo perdere il contatto umano con i parrocchiani. Quindi se qualche volta qualche fedele ci cerca, pur certamente mantenendo le distanze previste dalla legge, possiamo ascoltare e dare una piccola parola di conforto. Anche se sappiamo che va rispettata la raccomandazione di uscire di casa solo per le emergenze”.
La vita parrocchiale continua
A San Giuseppe al Trionfale c’è un oratorio frequentato da molti giovani che naturalmente nei giorni scorsi è stato chiuso. “Anche questa è una prova molto dura”, racconta don Salvatore. “Vedere l'oratorio vuoto è davvero triste. Però stiamo cercando, anche qui, di non perdere il contatto con i giovani. Ogni giorno faccio un breve video per sentirmi in comunione con tutti i bambini e con tutti i ragazzi e anche con i gruppi giovanili stiamo cominciando a incontrarci su Skype o comunque su altre piattaforme digitali. Quindi gli incontri stanno continuando e anche i catechisti stanno facendo sentire la propria presenza con dei messaggi audio e dei piccoli video”. Domenica alle 10:30 si celebra la Messa dei bambini e delle famiglie, sempre in diretta Facebook, mentre messaggi audio aiutano a coinvolgere la gente da casa. La vita parrocchiale continua soprattutto in rete.
Il dolore delle diocesi del Nord Italia
Diversa è la situazione nella Diocesi di Tortona, che ha molte parrocchie in Piemonte e Lombardia, nelle zone dove il Coronavirus ha purtroppo mietuto più vittime in Italia. Don Paolo Padrini, parroco nella Val Curone, è un sacerdote esperto di pastorale digitale. A lui si deve l’invenzione dell’applicazione iBreviary che ha portato la preghiera su smartphones e tablet. Ma in questo momento confessa di vivere con il vescovo e la diocesi giorni davvero molto difficili. “Stiamo vivendo nella costante preghiera, in unità con il nostro vescovo, cercando di fare tutto quello che è possibile per pregare insieme attraverso soprattutto i nuovi media per stare il più possibile insieme ai nostri parrocchiani”. “Stiamo tenendo ancora aperte le nostre chiese, cercando di dare conforto e rispettando tutte le regole. Ma è molto difficile: perché purtroppo nelle nostre parrocchie iniziano a esserci molti decessi e quindi c’è sofferenza e un dolore particolare perché i parenti non possono partecipare a nessuna celebrazione e molte famiglie delle persone che muoiono sono in quarantena. Quello che stiamo vivendo è una situazione di grandissima crisi e difficoltà”.
L’amore di Dio passa attraverso il web
Anche in questa diocesi i sacerdoti sono tra le categorie più a rischio del contagio di Covid-19 perché per settimane hanno incontrato molte persone. “Il nostro vescovo – spiega don Paolo – ha iniziato da subito a mandare comunicati insistendo sulla necessità di osservare le norme di igiene e sicurezza in qualsiasi ambiente e coordinandosi sempre con i vescovi limitrofi”. “Per cui è chiaro che stiamo attenti ma cerchiamo in qualche modo anche di stare a contatto con la gente. Siamo in una situazione di emergenza che dobbiamo gestire in un'ottica anche di esigenza e di attenzione”. “Io credo che in questi giorni – sottolinea don Paolo – una pastorale digitale, una prossimità digitale, non solo sia possibile ma sia doverosa”. “Sappiamo bene che la preghiera su internet è diversa dalla preghiera fatta in prossimità. Lo stesso accade per la celebrazione della Messa. Ma non è diversa la sostanza, il cuore, il buono che possiamo prendere in questo momento”. “Nella Messa, ce lo insegna la tradizione della Chiesa, c’è la comunione spirituale”, continua il sacerdote della diocesi di Tortona. “Possiamo essere in comunione reale fra di noi nello Spirito e questo è molto importante. Come Chiesa siamo Corpo reale di Cristo, e nulla può sciogliere i legami che sono fondati sulla preghiera”. “Dobbiamo perciò fare di tutto per mantenere solidi questi legami attraverso quello che lo Spirito Santo ci dona. Quindi anche con i mezzi digitali che in questo momento, mi rendo conto, sono veramente un dono che ci offre una grande possibilità”. L’esigenza dei sacerdoti al tempo del contagio di Coronavirus è quella di inventare nuove forme di prossimità attraverso le quali fare passare l'amore di Dio. “Io credo passi anche attraverso una connessione internet, se usata in modo sano, e nel modo giusto e con amore”, conclude don Paolo Padrini.
Anche al Santuario di Siracusa la vita pastorale è cambiata
Del parere che in questi momenti così tragici i sacerdoti debbano attivare la fantasia e rischiare un po’ è anche don Raffaele Aprile, sacerdote del Santuario della Madonna delle lacrime, a Siracusa, in Sicilia. “Siamo comunque chiamati a portare la Parola di Dio ai fedeli”, spiega. “Dobbiamo quindi sfruttare tutti i mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione. Naturalmente rispettando le precauzioni, le regole che ci sono state dettate dal Governo e dalla Conferenza episcopale italiana”. “Qui da noi al Santuario è sicuramente cambiata la vita pastorale ma come in tutte le diocesi, immagino”. “La CEI ha dato un’interpretazione autentica al decreto governativo e ha chiesto a tutti i vescovi di sospendere le celebrazioni eucaristiche o le cerimonie con partecipazione di popolo e di conseguenza tutte le funzioni religiose e liturgiche. Noi abbiamo sospeso la Lectio Divina, l’Adorazione Eucaristica, la Via Crucis, la Via Mariana. La Via Crucis cittadina è stata annullata. Le Sante Messe invece, utilizzando i mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione, vengono celebrate a porte chiuse e trasmesse in diretta streaming sul sito web www.madonnadellelacrime.it”. Il Santuario resta aperto per la preghiera personale, la mattina, dalle 8:00 alle 12:30 e il pomeriggio dalle 16:00 alle 18:30, rispettando le precauzioni per evitare assembramenti di fedeli.
Coraggio significa pregare
“In momenti di crisi come questo che stiamo vivendo è importante non farci imprigionare dalla paura”, aggiunge don Raffaele, abituato a raccogliere in versi le sue riflessioni spirituali. “Dio non è mai assente dalla nostra vita. Perciò il coraggio va declinato nel silenzio orante e nella meditazione della Parola. Dobbiamo riscoprire la gioia delle sane relazioni familiari, attivare un dialogo costruttivo con i nostri cari. Dobbiamo dare un senso al dialogo virtuale, facendo sì che nessuno si senta abbandonato”. “Il presbitero – aggiunge il prete di Siracusa – è per me come un angelo che non si tira mai indietro davanti al pericolo, ma, con le dovute cautele, deve farsi presente per consigliare, dare speranza e confortare. Deve aiutare a dare senso a questo tempo per far capire quanto è grande la nostra fragilità. E tutto ciò si può fare solo con l'aiuto della preghiera”.
Noi sacerdoti dobbiamo dare speranza
In Sicilia, come in tutto il Sud Italia, cresce la paura per l’aumento di contagio del virus Covid-19. “Però c'è anche tanta fiducia in Dio, tanta speranza”, conclude don Raffaele. “Ed è questo che noi come sacerdoti dobbiamo infondere tra i fedeli, tra le persone. Una speranza ineffabile che ci fa respirare, dà ossigeno alla vita. Fa sì che non ci sentiamo mai abbandonati, nemmeno nel buio più pesto. La speranza che nasce anche dalla responsabilità di ognuno e dall'attenzione che dobbiamo avere per gli altri”.