18 luglio 2019

Matteo Bruni: Papa Francesco, un pontificato raccontato dai suoi gesti

In questa intervista a Vatican News, il nuovo direttore della Sala Stampa vaticana Matteo Bruni esprime la sua gratitudine al Papa per la nomina

Roberto Piermarini – Città del Vaticano

Il nuovo direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, ha lavorato in questa stessa struttura negli ultimi dieci anni, coordinandone le operazioni mediatiche e curando il rapporto con i giornalisti di tutto il mondo. Ha lavorato fianco a fianco con i direttori che si sono susseguiti in questi anni, occupandosi in particolare di pianificare la presenza della stampa durante i viaggi apostolici del Santo Padre all’estero e i vari eventi in Vaticano e in Italia.

Matteo Bruni, oggi un dipendente del Dicastero per la Comunicazione viene nominato ai vertici della Sala Stampa della Santa Sede, cosa significa questa scelta?

R. - La nomina è certamente per me un onore. Mi piace leggerla come un segno di stima non solo per la mia persona, ma anche per la storia da cui provengo e il lavoro fatto con i colleghi della Sala Stampa della Santa Sede. Sono grato della fiducia del Santo Padre e del Prefetto, Paolo Ruffini, che mi sostiene con la vicinanza del Dicastero. È evidentemente anche una scelta che valorizza le risorse interne. La Sala Stampa è una struttura non grande, ma complessa, con una varietà di funzioni articolate e non tutte immediatamente evidenti, neppure a chi la frequenta con assiduità: credo che conoscerla dall’interno possa risultare utile per una realizzazione più profonda della riforma dello stesso Dicastero

Per diversi anni lei si è occupato della gestione di questioni più operative, come vede questo nuovo ruolo?

R. - Negli ultimi anni, nella mia vita professionale, il rapporto con i media è stato sempre piuttosto intenso. Anche se da dietro le quinte, ho cercato di fare in modo che il mio lavoro contribuisse ad un’informazione corretta, tentando di trasmettere alcuni temi portanti del pontificato. In questo senso il nuovo incarico lo interpreto in continuità con il precedente: un comunicatore al servizio del Santo Padre e della Santa Sede, che mette a disposizione il suo bagaglio umano e professionale. Qui entrano in gioco tanti fattori: l’esperienza professionale, ma anche quella di padre e marito. Sono accompagnato dal sostegno di mia moglie e dall’affetto di mia figlia. Ma direi anche l’impegno accanto ai poveri delle periferie a Roma e nel mondo, che ho vissuto con la Comunità di Sant’Egidio sin da giovane studente liceale. Oggi mi si chiede un passo in più e, accettando di compierlo, non posso che continuare a lavorare, al servizio del Papa e della Santa Sede, con la mia sensibilità, che resta quella di una Chiesa di tutti, particolarmente dei poveri.

Lei conosce molti dei giornalisti accreditati in Sala Stampa. Un certo numero li ha aiutati ad inserirsi in questo mondo. Crede che ora cambieranno i rapporti?

R. - Da quando Padre Federico Lombardi mi ha chiamato a far parte della Sala Stampa – e gli sono grato per quanto ho potuto imparare sotto la sua direzione – con tanti operatori dell’informazione c’è stato uno scambio utile, anche amichevole. In questi ultimi anni, con la direzione di Greg Burke e Paloma Garcia Ovejero, che ringrazio per il lavoro fatto insieme, ho continuato ad accompagnare il lavoro di molti giornalisti fin dal loro arrivo a Roma o comunque dai loro primi passi nell’avvicinarsi alla realtà della Santa Sede, aiutandoli ad orientarsi. Sono consapevole che ora inizia un tipo di impegno diverso e spero che la reciproca fiducia resti immutata.

Di cosa ha bisogno oggi il mondo dell’informazione, dal suo punto di vista?

R. - Nella realtà in cui mi trovo, di una comunicazione ufficiale chiara, trasparente degli avvenimenti, che contribuisca alla lettura della complessità del mondo in cui viviamo. Penso a una comunicazione che arricchisca la comprensione del contesto in cui gli eventi avvengono. Il pontificato di Papa Francesco si racconta già attraverso i suoi gesti, le sue parole, le sue scelte, ma la portata storica di alcuni eventi talvolta si comprende meglio in una prospettiva più larga. In questo senso vorrei contribuire a rendere la Sala Stampa sempre più un punto di riferimento per i giornalisti che raccontano il Papa e la Santa Sede al mondo intero. E ringrazio chi mi ha preceduto in questo sforzo, il collega e amico Alessandro Gisotti, che in questi sei mesi si è messo generosamente al lavoro, con la sua disponibilità, professionalità e una grande sensibilità umana. Vorrei che anche il mio servizio si inserisse in questo solco, insieme a chiunque mi affiancherà e a tutti i colleghi della Sala Stampa della Santa Sede.