Debora Donnini - Città del Vaticano
“E adesso iniziamo questo cammino: Vescovo e Popolo”. Fin dal suo saluto dalla Loggia delle Benedizioni, appena eletto, Papa Francesco ha voluto sottolineare questa dimensione essenziale, suggellata dalla richiesta di pregare per lui, prima di dare la Benedizione, e ribadita, perlatro, nell’intervista a La Civiltà Cattolica, quando ha detto: “l’immagine della Chiesa che mi piace è quella del santo popolo fedele di Dio” che, poi, è la definizione della Lumen gentium. Un termine, quello di popolo, usato peraltro moltissimo nella Esortazione apostolica Evangelii gaudium, considerata il documento programmatico del suo Pontificato. A rintracciare le radici di questo cammino e della formazione di Papa Francesco per quanto riguarda l’importanza di questa “categoria” anche a livello pastorale, è il libro “Il popolo secondo Francesco. Una rilettura ecclesiologica”, edito dalla Lev, di don Walter Insero, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Roma.
“La categoria del popolo non aderisce a uno schema logico o ideologico. Il popolo è una categoria mistica. Per comprenderla bisogna starci immersi”, ha detto il cardinale Angelo De Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma, intervenuto ieri alla presentazione molto partecipata, sottolineando anche l'esortazione di Francesco ai pastori a stare “davanti, in mezzo, e dietro al popolo perché nessuno si perda”. All’incontro, moderato dalla giornalista ed editorialista di Avvenire, Stefania Falasca, hanno preso parte diversi relatori fra cui, in collegamento video, anche il gesuita padre Juan Carlos Scannone, professore di Filosofia e Teologia presso l’Università USAL di San Miguel, in Argentina, che fu professore di greco e letteratura del giovane Jorge Mario Bergoglio, dopo il suo ingresso nel noviziato dei gesuiti.
Don Walter Insero, “Il popolo secondo Francesco” vuole concretamente mettere a tema quanto per lui sia centrale il popolo di Dio nella sua riflessione. E in questo senso lei sottolinea che è un percorso che ha le sue radici profonde nel Concilio…
R. – Certo, Papa Francesco richiama proprio il capitolo II della Lumen gentium. I vescovi che avevano partecipato al Concilio Vaticano II quando tornarono nelle loro chiese in America Latina, e soprattutto in Argentina, vollero tradurre il messaggio. Lo faranno grazie ad una commissione pastorale, la COEPAL, che lavorerà proprio grazie al documento di San Miguel, che permetterà poi successivamente di portare anche il messaggio dell’assemblea generale di Medellin del 1968 nella Chiesa argentina. Questo per dire che c’è tutta una cornice, un background da considerare. Papa Francesco cresce, si forma negli anni in cui conosce i Pastori che vivono questa esperienza, vescovi che hanno vissuto il Concilio e che testimoniano questa vicinanza al popolo. Quindi Papa Francesco prende la categoria di popolo e ristabilisce la centralità del popolo considerando che il popolo esprime l’idea di un Dio che chiama e raduna il popolo. La Chiesa, ama dire Papa Francesco, è il santo popolo fedele di Dio ed è il popolo di Dio che cammina nella storia. Lui stesso è un vescovo del popolo perché ha vissuto sempre all’interno del popolo la sua missione. Non guarda la Chiesa dall’alto ma si riconosce come membro, come partecipante di questo popolo.
Il cardinale Angelo De Donatis ha messo in rilievo proprio l’importanza di fare evangelizzazione con il popolo…
R. – Il rischio è pensare ad iniziative che hanno il popolo come destinatario, come oggetto ma non come protagonista e invece il popolo è il soggetto attivo, tutto il popolo, quindi non solo la gerarchia ma la gerarchia fa parte del popolo. E il popolo nel suo insieme evangelizza, testimonia e anche i poveri e le persone che vivono la fede in modo semplice sono coloro che realmente possono trasmetterla.
Nella Esortazione apostolica post sinodale Christus vivit il Papa esorta i giovani, se vedono un sacerdote che ha imboccato una strada sbagliata, ad avere il coraggio di aiutarlo e ricordagli il suo impegno verso Dio e verso il popolo. Questo nasce proprio dalla sua concezione del popolo di Dio come corpo?
R. – Certo, dove il popolo partecipa, condivide con il sacerdote che vive come un fratello, certamente come un padre, ma questa prossimità non solo non crea giudizio ma non crea distanza, per cui anche chi è in difficoltà può sentire il bisogno di essere sostenuto. Questo è bellissimo perché indica proprio un camminare insieme.
Don Walter, perché ha scritto questo libro?
R. – Questo libro è nato dalla gratitudine per l’esperienza, la testimonianza di Papa Francesco. Nasce anche dal desiderio di conoscere meglio alcuni gesti e alcune espressioni. Studiando e ricercando la cornice teologica, quindi vedendo le origini e l’esperienza pastorale che lui ha vissuto in Argentina, ho potuto realmente apprezzare meglio e comprendere le sfide che attraverso l’Evangelii gaudium e le altre esortazioni il Papa rivolge alla Chiesa universale.