12 marzo 2020

Intessuti e ricamati di parole (di Marcelo Figueroa)

La donna narratrice di storie nelle culture aborigene latinoamericane

 

di Marcelo Figueroa (Da L'Osservatore Romano, giovedì 12 marzo 2020)

 

Il ruolo femminile è stato fondamentale per la sopravvivenza e la cultura dei popoli

È un pomeriggio qualunque nel nord del Chaco argentino dove vivevano i popoli originari ancor prima che la memoria etnica riconoscesse la protostoria ufficiale narrata. Nell’arido paesaggio del villaggio comunitario spiccano i muri di terra battuta e paglia che mitigano, con umiltà piena di speranza, il sole cocente.

Alla loro ombra si osserva ancora una volta il meraviglioso quadretto familiare della vita fatta storia narrata: una donna seduta di fronte al suo enorme, rustico e colorato telaio e ai suoi piedi i bambini che l’ascoltano mentre racconta le sue storie, respirando l’aria dei loro antenati eroici, imparando la loro lingua e rafforzando, senza saperlo, le loro radici culturali.

Che cosa hanno in comune questa breve e pittoresca descrizione e il messaggio del Santo Padre per la liv Giornata mondiale delle comunicazioni sociali e la Giornata internazionale della donna, appena trascorsa? Molto, un tessuto narrativo provvidenziale e fondamentale. Specialmente se in questa riflessione inseriamo anche il memorandum dell’enciclica Laudato si’ e la rilettura dell’esortazione apostolica Querida Amazonia. Nelle culture aborigene latinoamericane il ruolo della donna narratrice di storie è stato fondamentale per la sopravvivenza, l’educazione e la cultura dei popoli. È particolarmente noto il ruolo storico della donna guaranì, che dopo la guerra del Chaco (1932-1935) divenne la custode della lingua, al punto che la continuità della sua narrazione e trasmissione del linguaggio fu determinante per i bambini sopravvissuti, evitando l’estinzione della loro cultura, storia ed esistenza.

Oggi il Paraguay è l’unico paese latinoamericano ufficialmente bilingue (spagnolo e guaranì). Ed è stata sempre la donna guaranì a svolgere un ruolo fondamentale per la traduzione della Bibbia nella sua lingua. Imprescindibile narratrice di storie, ricettrice della memoria culturale del suo popolo, costruttrice di ponti culturali e coraggiosa custode delle sue radici; è un messaggio vivente della comunicazione della vita in abbondanza.

In diversi popoli della Patria Grande, la donna aborigena è stata fondamentale al momento d’inculturare il Vangelo del Cristo incarnato nella cosmovisione alla quale apparteneva. Apprendere dalle sue labbra come interpretare un testo, i nomi degli uccelli, come custodire il creato, il suono dei fiumi e le abitudini domestiche: tutto ciò è stato prezioso nel tradurre il testo sacro.

Così il racconto vivo delle Scritture ha avuto un significato comunitario e personale veritiero per i suoi popoli. Ne è un esempio tangibile la Bibbia in lingua wichí, una comunità aborigena molto numerosa del nord argentino, che ha chiesto di aggiungere come sottotitolo «Storie vere».

In questa ottica, le parole di Papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali risuonano in modo nuovo, vivificante, poetico e profetico. A partire dal soffio comunicativo della donna aborigena si può «respirare la verità delle storie buone: storie che edifichino, non che distruggano; storie che aiutino a ritrovare le radici (...) abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita. Una narrazione che sappia guardare il mondo e gli eventi con tenerezza».

Abbiamo più che mai bisogno di queste donne che conversano e si prendono cura da secoli della Casa Comune, affinché raccontino «il nostro essere parte di un tessuto vivo» e rivelino «l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri». Sicuramente se arresteremo la frenetica comunicazione virtuale e ci porremo rispettosi sotto le loro ali per ascoltare i loro racconti, troveremo storie che «influenzano la nostra vita, anche se non ne siamo consapevoli (...) che plasmano le nostre convinzioni e i nostri comportamenti, e possono aiutarci a capire e a dire chi siamo».

In questi tempi confusi, noi che comunichiamo e al tempo stesso consumiamo comunicazione sociale, abbiamo bisogno di essere “tessuti” e “ricamati” da questo tipo di maestre e di maestri della narrazione. Ascoltiamo con umiltà queste voci per valorizzare coloro che ci narrano racconti della vita che si fanno storia. Coloro che, come ha detto Gesù, sono capaci di insegnare narrando come «un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Matteo 13, 52).