27 dicembre 2022

Un cristiano che non ha mai perso la voglia di vivere

Ricordo del vaticanista Salvatore Mazza

 

di Andrea Tornielli, Direttore editoriale del Dicastero per la Comunicazione

 

Di Salvatore Mazza, vaticanista del quotidiano «Avvenire», che ci ha lasciati la mattina di Santo Stefano dopo sei durissimi anni di lotta contro la Sla, ricordo innanzitutto la professionalità: era un giornalista curioso e competente, che informava con passione sulle vicende della Chiesa e del papato. Ma la sua preparazione, la sua intelligenza e la sua bravura non lo facevano mai salire in cattedra: aiutava con generosità i più giovani di lui, che specie durante i viaggi papali avevano bisogno di verificare una data, ricevere un consiglio o un suggerimento. Stemperava sempre tutto con la sua innata ironia di romano verace con trascorsi genovesi e napoletani, e in determinati momenti aveva bisogno di uscire dalla sala stampa per concedersi una sigaretta in santa pace.

Nonostante la malattia gli avesse a poco a poco impedito qualsiasi movimento, grazie all’aiuto di un puntatore ottico ha continuato a scrivere fino all’ultimo giorno. Scriveva dei Papi, nella rubrica settimanale “Su questa pietra” e l’ultimo articolo è stato pubblicato su «Avvenire» la vigilia di Natale, antivigilia della sua morte. Salvatore ha raccontato il Natale ormai imminente, ricordando come, da bambino e poi da ragazzo, aiutava il padre a comporre il presepe passandogli una ad una le statuine di gesso. Poi, un Natale, lui dodicenne, aveva chiesto al papà di poterlo sostituire. E in quel 1967, l’anno della Guerra dei sei giorni in Medio Oriente, lui aveva voluto inserire nel presepe anche i suoi soldatini e carri armati per attualizzarlo: Gesù nasceva in un tempo di guerra, come quello che stiamo vivendo ora: la sua rappresentazione della natività ne teneva conto.

Ma a Salvatore si deve anche una cronaca puntuale dell’evolvere della sua malattia, delle limitazioni a cui andava incontro, delle sensazioni vissute, della difficoltà a staccarsi dal gusto di mangiare, del dover essere imboccato dalle figlie come lui aveva fatto con loro quando erano piccole. È la rubrica “Slalom”, che ogni due settimane, dal settembre 2018, è diventata un appuntamento per tantissimi nell’inserto “È vita” del quotidiano cattolico. Quella rubrica non era soltanto un modo per essere informati sulle sue condizioni di salute. È stata un diario dell’anima di un cristiano che veniva lentamente inchiodato alla croce. Un cristiano che non ha mai perso la voglia di vivere, fino all’ultimo istante. Un cristiano che ci ha testimoniato in punta di penna e d’ironia, che cosa significhi soffrire per coloro che hanno ricevuto il dono della fede. Mai una sbavatura di autocommiserazione, sempre lucido e concreto, seppur consapevole che l’equilibrio della sua sopravvivenza era così precario da potersi infrangere in qualsiasi istante, come è accaduto la mattina del 26 dicembre.