di Mariangela Parisi
«Non cedere alla velocità, verificare le notizie, linguaggio sobrio e creare un rapporto di fiducia» Roma Icomunicatori e i giornalisti credenti sono chiamati a fare la differenza in questo contesto mediale in veloce mutamento. È il messaggio che arriva dalla mattinata di confronto a più voci, di ieri, con la quale, il convegno nazionale promosso dall'Ufficio per le comunicazioni sociali della Cei, 2025: "A. I. confini della comunicazione", si è inserito nella celebrazione del Giubileo del mondo della comunicazione.
Il fine e lo stile della speranza è senza dubbio ciò che guida nel lavoro di comunicatori perché, ha ricordato il vicedirettore della direzione editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, Alessandro Gisotti, la «comunicazione è una dimensione della vita umana il cui valore si pesa nelle relazioni, per questo non la si può delegare a una macchina».
Gli operatori del mondo della comunicazione e in particolare i giornalisti, sono chiamati a vivere la prossimità, «purificando e disarmando la comunicazione ricercando storie di bene anche negli angoli più bui della nostra realtà», ha sottolineato.
«Siamo persone che raccontano i fatti - ha aggiunto il direttore del Tg2, Antonio Preziosi nella loro verità sostanziale», un criterio deontologico irrinunciabile per affrontare la moltiplicazione delle fonti d'informazione e la dilagante disinformazione. Pur dovendo tener conto della velocità informativa odierna, ha aggiunto Preziosi - non si può prescindere «dalla verifica scrupolosa: meglio arrivare secondi con una notizia vera che primi con una notizia falsa».
Questa scrupolosità può aiutare chi comunica e informa a fare la differenza. Riportando i dati del Digital News Report, a cura del Reuters Institute for the Study of Journalism dell'Università di Oxford, Marco Ferrando, vicedirettore di Avvenire, ha evidenziato che non solo le persone «si sentono più a loro agio davanti a notizie mediate da un giornalista umano, ma che cercano soprattutto contributi che aiutano a capire meglio, che aggiornano, che offrono prospettive diverse, che fanno sentire meglio nei confronti del mondo». Ascolto, relazione, senso, servizio, partecipazione, comunità, felicità e speranza sono le parole che devono guidare il lavoro giornalistico e della comunicazione, ha aggiunto Ferrando, facendo leva, soprattutto sulla risorsa della prossimità.
Indispensabile, quest'ultima, anche nell'utilizzo di nuovi strumenti che sono nuove realtà, come i social che, ha spiegato Celesta Satta (Università di Torino), «non sono dell'entità ma degli ambiente da abitare perché lì ci sono persone e c'è la possibilità di creare una comunità», ecco perché bisogna conoscerli.
L'impegno degli operatori della comunicazione credenti è quello di lavorare per donare al mondo un antidoto all'incomunicabilità, ha sottolineato il direttore dell'Agensir, Amerigo Vecchiarelli, aggiungendo che «il Giubileo è e deve diventare un segno che ci riporta al significato del nostro impegno quotidiano.
Ricominciamo da qui, come comunità di giornalisti e comunicatori che credono ancora nella loro missione e che non accettano di divenire strumenti di un sistema che non si preoccupa di mettere da parte la verità e la cura gli uni degli altri».
La speranza ha precisato il direttore di Tv2000 e InBlu2000 Vincenzo Morgante, «è un atto di fede in un mondo segnato da aggressività diffusa. Noi dovremmo avere il gusto di comunicare e trasmettere speranza riscoprendo la funzione civile fortissima del lavoro giornalistico» e farlo in particolare, ha continuato il direttore, «selezionando le notizie con l'obiettivo di intercettare non la pancia delle persone ma il cuore e usando parole sobrie e miti».
Il tono proprio dei comunicatori credenti è infatti quello della gentilezza, con cui si esprime anche la propria indignazione, ha affermato il direttore di Avvenire, Marco Girardo, sottolineando che «la speranza è sinonimo di cura, un concetto che deve tornare a essere giornalisticamente ben fondato. Dobbiamo avere cura del lavoro che facciamo, mettendo attenzione, precisione, accuratezza per ricostruire il rapporto di fiducia con i nostri universi di riferimento, perché si è incrinato qualcosa, ci sono fratture fra l'io e il noi, nella società e nell'infosfera».
(Da Avvenire, gennaio 2025)