15 dicembre 2020

Rivoluzione digitale alla Tipografia Vaticana: arriva la stampante “green”

Il nuovo macchinario è arrivato domenica scorsa e permetterà una produzione editoriale più vicina ai lettori e più rispettosa dell’ambiente e dei consumi. Un momento storico per un’istituzione nata nel XVI secolo

 

Michele Raviart – Città del Vaticano

 

Innovazione tecnologica, rispetto per l’ambiente, attenzione alle nuove forme del mercato editoriale. La Tipografia Vaticana si rinnova secondo queste linee guida, con l’introduzione, nel suo processo produttivo, di una macchina tipografica digitale di nuova generazione. Arrivata domenica scorsa e in via di installazione in questi giorni nelle sale della Tipografia all’interno delle mura vaticane, la macchina – un vero e proprio “autobus” lungo otto metri, largo 4,5 metri e alta oltre due metri e mezzo – ridurrà al minimo i consumi e permetterà di stampare più facilmente prodotti a bassa tiratura, più specializzati e vicini ai lettori.

Stampare senza materiali di scarto

“Questo è uno dei passaggi storici nella vita della Tipografia Vaticana”, sottolinea a Vatican News Francesco Masci, a capo della Direzione tecnologica del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, tanto dal punto di vista ecologico quanto da quello editoriale. Se fino ad ora, infatti, si stampava in modo cosiddetto “off-set” attraverso lastre che venivano gettate dopo un solo utilizzo, adesso la stampa digitale ridurrà al minimo i prodotti di scarto. “C’è un aspetto ‘green’ di queste macchine digitali di nuova generazione”, spiega  Masci, “sia perché non producono scarti di lavorazione - e quindi non ci sono rifiuti - sia perché utilizzano degli inchiostri a base d’acqua che eliminano i solventi chimici che prima dovevano essere smaltiti in grandi quantità. Dalla settimana prossima in teoria tutte le lavorazioni che passeranno attraverso la macchina digitale non avranno quindi più materiali di scarto”. C’è poi anche il discorso dei consumi energetici, continua il direttore, “rispetto alle linee di produzione industriale 'offset', questo tipo di macchina ha dei consumi assolutamente inferiori e quindi il costo di produzione in generale si abbassa di tantissimo. E così anche l’impatto sull’ambiente. Non abbiamo più smaltimento e non abbiamo più grossi consumi energetici”.

Un processo automatizzato

Il principio della stampa digitale è lo stesso di quello tradizionale – si tratta sempre di un oggetto che passa attraverso dei rulli caldi che imprimono l’inchiostro – ma adesso l’intero processo è automatizzato, tanto che basta un solo operatore per gestire l’intera macchina. Anche il controllo di qualità, che nelle precedenti linee di produzione era lasciata agli operatori che su un tavolo luminoso verificavano al microscopio l’uniformità della stampa, è demandato ora a uno scanner ottico che controlla automaticamente il risultato della stampa e blocca istantaneamente la produzione se c’è un qualunque problema.

Dalla lastra all’inchiostro magnetico

Non solo: la macchina utilizza uno speciale inchiostro magnetico che, con la polarizzazione, assume l’immagine elaborata dal computer e la trasferisce su carta o su gli altri materiali supportati, come tela, plastica o metallo. “L’immagine in negativo quindi”, spiega Masci “non è più uno sviluppo sulla lastra, ma è questo rullo magnetico che distribuisce l’inchiostro a seconda dell’immagine da trasferire”. Oltre ai classici colori, poi, si possono mettere dei liquidi particolari per finiture speciali. “Si può riprodurre anche l’oro”, sottolinea il direttore, “in un modo che non ha la stessa resa della tecnica a ‘foglia d’oro’, ma ci si avvicina molto”.

Basse tirature più sostenibili

La stampa digitalizzata permette inoltre di venire incontro alle esigenze del mercato editoriale contemporaneo, favorendo piccoli numeri di progetti editoriali più specializzati o “on demand”, cioè a richiesta del consumatore, che può vedere stampato un volume disponibile altrimenti solo in digitale. Queste macchine riescono a produrre anche una sola copia di un libro, evitando di fare scorte e di produrre copie in eccesso. “Ammortizzare i costi di una stampa in offset vuol dire fare una tiratura che può arrivare almeno a diecimila copie. Grossi quantitativi che hanno poi il rischio di dover rimanere in giacenza in magazzino per anni, con un problema anche di spazio fisico”, spiega ancora Francesco Masci. “La caratteristica innovativa di questa macchina”, sottolinea, “è la capacità di sostenere la bassa tiratura, che è il problema dell’editoria in questo momento. Il grande cambiamento nel mercato globale è quello di avere prodotti personalizzati e piccole tirature per evitare magazzino. Adesso riusciremo a soddisfare più clienti che ci chiederanno lo stesso libro, ma in piccolissime quantità”.

I Papi e la stampa

L’introduzione della stampante digitale è il risultato di un processo di analisi che è iniziato nel 2018 e che ha previsto mesi di lavoro di ottimizzazione di risorse e spazi. L’innovazione, infatti, ha spesso guidato la storia della Tipografia dei Papi. Fu proprio un Pontefice, allora Pio IV, a istituire nel 1561 la prima tipografia ufficiale a Roma, chiamando da Venezia Paolo Manuzio, figlio del grande umanista ed editore, Aldo. La tipografia, che due anni dopo passò al comune della città e divenne “del popolo romano”, pubblicò i testi nati dal Concilio di Trento.

La storia della Tipografia Vaticana

La prima stamperia propriamente “Vaticana”, risale invece al 1587 e fu istituita nei Palazzi vaticani da Sisto V, che importò da Parigi i caratteri mobili necessari per le pubblicazioni, la più importante delle quali fu la Bibbia secondo i princìpi tridentini del 1593. Dopo secoli di scarsa attività, la tipografia tornò a nuova vita tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento, con l’introduzione della stampa a caldo e la costruzione, nel 1908, dell’edificio dove oggi è ospitata. L’anno dopo la Stamperia si fonde con la storica Tipografica Poliglotta, fondata da Urbano VIII nel 1626 per la pubblicazione del materiale necessario per le missioni di Propagande Fide. Nasce così la Tipografia Poliglotta Vaticana, che nel 1937 venne affidata, insieme alla direzione dell’Osservatore Romano alla Società salesiane di Don Bosco. Negli anni 80 arriva il computer, mentre risale al 1991 arriva la fusione con la tipografa del quotidiano della Santa Sede e l’attuale denominazione, fino all'accorpamento nel Dicastero per la Comunicazione.

Un'attività unica

Oggi la Tipografia Vaticana realizza e confeziona tutti gli atti Pontifici e i documenti ufficiali dei vari Dicasteri e Uffici della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, oltre alle attività di stampa dell’Osservatore Romano.  A questo si affianca la produzione per la Libreria Editrice Vaticana, le varie Congregazioni, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, i libri d’arte per i Musei Vaticani e per la Biblioteca Apostolica Vaticana, oltre ad altro materiale come i libretti per la Messa. A rendere unica l’attività della Tipografia Vaticana è poi anche la sezione della legatoria artigianale, che lavora principalmente per la prefettura della Casa pontificia e per il Papa. Pergamene, stampa a foglia d’oro, bolle, libri. Oggetti di pregio unici destinati spesso allo stesso Pontefice o donati ai capi di Stato invitati in Vaticano.