Giada Aquilino - Città del Vaticano
“La sfida del digitale per gli editori cattolici”: su questo tema si è concentrato il dibattito odierno alle Giornate internazionali dell’editoria cattolica, in corso fino a domani a Roma e organizzate dal Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede in collaborazione con l’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana. Come “essere professionali sulle piattaforme digitali” in un’epoca di “fake news, incitamenti all’odio, casi che non sono volti alla testimonianza” del Vangelo è stata la sollecitazione del moderatore, Andrea Tornielli, direttore editoriale del medesimo Dicastero, rivolta a Giorgia Abeltino, direttrice delle Relazioni istituzionali e delle Politiche pubbliche per il Sud Europa di Google, e a Philippe Colombet, direttore digitale del Gruppo Bayard.
Google: assunte 10 mila persone per visionare video
Gli incitamenti all’odio, ha detto la Abeltino, è uno dei problemi più grandi: come Google, “la nostra politica - ha spiegato - è molto rigorosa, ogni incitamento all’odio è bandito”, soprattutto se si pensa che su “Youtube vengono caricate 500 ore di video ogni minuto”. Viene usata l’“intelligenza artificiale” per identificare video che incitano all’odio o ad esempio legati ad ambienti terroristici e al contempo – ha aggiunto la direttrice delle Relazioni istituzionali e delle Politiche pubbliche per il Sud Europa di Google - “abbiamo assunto 10 mila persone per visionare e controllare” tali immagini: tutto ciò, ha sottolineato, “gli editori devono saperlo”.
Sul digitale essere davvero presenti
A proposito della sfida del digitale per gli editori cattolici, Philippe Colombet ha esortato a non dimenticare mai il “pubblico esigente” a cui ci si rivolge, pensando “a cosa offriamo”, a “migliorare” il prodotto e ad “essere significativi in un mondo editoriale” variegato e altamente professionale. La Abeltino, intervistata da Vatican News, ha indicato per tutti gli editori la “sfida della rilevanza, in un mondo particolarmente affollato di informazione”, rendendo “i propri contenuti ‘di qualità’, visibili e rilevanti per il pubblico”. In particolare per il mondo cattolico, la partita - ha proseguito - si gioca sui “contenuti”. Per essere sul digitale “c’è bisogno che si sia davvero presenti: non si può semplicemente avere una pagina, una presenza ‘ leggera’, senza però essere presenti nel mondo social, senza essere presenti e moderare effettivamente il dibattito. Perché - ha osservato - altrimenti si rischia di essere travolti dai commenti degli altri invece di guidarli. Quindi c’è bisogno di una presenza assolutamente attiva e proattiva. Dopodiché, vi è una serie di strumenti tecnologici che permette di eliminare i commenti di odio e di cercare di avere un dibattito positivo”.
Livello di qualità
Per quando riguarda i social, la direttrice delle Relazioni istituzionali e delle Politiche pubbliche per il Sud Europa di Google ha chiarito come il tema oggi sia “che le persone, e soprattutto i ragazzi, si muovano rapidissimamente da un mezzo all’altro, da un social all’altro, da Youtube a Search a Twitter, e quindi c’è bisogno di una presenza abbastanza orizzontale”. Al contempo è necessario puntare sulla “qualità”: “il mondo dell’informazione è un mondo fortemente popolato, ma dove vedo che la qualità è ciò che fa la differenza”, quindi l’obiettivo dev’essere quello di “mantenere un livello di forte ed importante qualità”.
L’esperienza della Repubblica Democratica del Congo
Come esperienza di editoria locale, al convegno è intervenuto anche padre Jean-Baptiste Malenge, direttore delle Editions Baobab della Repubblica Democratica del Congo. A Vatican News ha raccontato come in un “Paese vasto come la Repubblica Democratica del Congo, con 80 milioni di abitanti, il problema da affrontare sia la mancanza di amore per la lettura, perché anche chi è andato a scuola o all’università in realtà non mostra di avere grande piacere a leggere”. “Esiste il digitale nelle grandi città, non solo della Repubblica Democratica del Congo ma anche dell’Africa in generale. La gente nelle grandi città è connessa, sta sui social network, ma è difficile dire quanti di quelli che sono sui social poi leggano. Avremmo dovuto puntare sulle scuole, ma - ha denunciato il sacerdote - anche su questo punto ci sono dei problemi: le scuole non hanno molti libri e i professori stessi non leggono abbastanza, proprio perché abbiamo pochi mezzi. L’esigenza - ha concluso - è allora metterci insieme come editori cattolici per affrontare le sfide del digitale e per sottolineare ai giovani la necessità della cultura e della lettura”.