04 giugno 2020

Quel luogo dove tutto è leggero (di Antonella Lumini)

La presenza della Grazia e dell’amore di Dio nel «tessuto» della storia umana

 

di Antonella Lumini

 

Il problema della comunicazione in una società di massa globalizzata spinge innanzitutto a riflettere sul grave pericolo di manipolazione che un mezzo così potente implica in un tempo in cui il connettivo sociale si sta dissolvendo per il venir meno di ogni autentico retroterra culturale tradizionale, per lo sradicamento che comporta il crescente bisogno di movimento degli individui tra un continente e l'altro. Se si aggiunge la crescita in maniera esponenziale della comunicazione sui social, in cui, insieme alle cosiddette fake news, trovano sfogo ogni sorta di disagio, malcontento, aggressività collettivi, incrementando l’imperversare di fenomeni virali e gravi forme di dipendenza, c’è davvero da preoccuparsi. Di fatto i temi relativi alla comunicazione attirano sempre più marcatamente l’interesse delle scienze umane, parallelamente incentivano però quella malsana ricerca disposta a sottomettersi a precisi interessi manipolatori del mondo dell’economia, della politica, della finanza, costituendosi in potere forte estremamente difficile da smascherare. Ma la comunicazione non è certo riducibile a questo, essa costituisce una fondamentale espressione della vita umana. E proprio in questa direzione si pone il messaggio di Papa Francesco per la giornata della comunicazione. Come in molti altri suoi documenti, colpisce l’umanità, lo sguardo limpido che vede nella verità, ma non giudica, lasciando sempre prevalere un afflato amoroso. C’è un velo di tristezza, ma insieme una fiducia senza riserve nel bene: «Per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone: storie che edifichino, non distruggano; storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme». Stimola a guardare da quel punto di vista in cui il visibile si interseca con l’invisibile, si apre, si dilata di significati che amplificano la comprensione di quello che osserviamo, come lo sguardo di Dio che vede il dritto e il rovescio.

Servono «storie che riportino alla luce la verità», ma la verità richiede occhi che la sappiano intravedere nel profondo dove rimane celata, «abbiamo bisogno di sapienza». Seppure ben accorto, il Papa non agisce sulla paura, non usa il terrorismo rispetto al pericolo di tali mezzi, invita a stare bene in guardia. Come insegna il Vangelo, sollecita a riconoscere l’inganno per smascherarlo rimanendo stabili nella luce della verità. Se la tendenza generale è di usare l’informazione per raccontare storie false e strumentali ai fini di una perversa strategia di persuasione ideologica, e, peggio ancora per fomentare paura e odio, è essenziale che ci siano coloro che invece continuano a scrivere «racconti belli, veri, buoni». La comunicazione esprime quella necessità di raccontare connaturata all’essere umano che garantisce la trasmissione della memoria. Ha una grande influenza sul tempo, ne condiziona gli eventi: «le storie influenzano la nostra vita (…) I racconti ci segnano». C’è dunque una stretta connessione fra il raccontare e lo scorrere del tempo: «L’uomo è un essere narrante perché è un essere in divenire». Chi racconta si assume una grande responsabilità di fronte alla storia degli individui e dei popoli. C’è un evidente richiamo alla coscienza: «Mettendo insieme informazioni non verificate, ripetendo discorsi banali e falsamente persuasivi, colpendo con proclami di odio, non si tesse la storia umana, ma si spoglia l’uomo di dignità».

Papa Francesco riesce a cogliere in maniera mirabile il senso profondo del raccontare attraverso un’immagine poetica: la tessitura. Tessuto e testo hanno la stessa etimologia (latino texere): «Non tessiamo solo abiti, ma anche racconti». Tessere richiede un’intelaiatura su cui possa prendere corpo l’ordito. Narrare, raccontare storie, costituisce la memoria di quegli intrecci che poi vengono a manifestarsi nella vita di uomini e donne in un concatenarsi continuo di eventi; è tessere le trame che danno consistenza, ma anche sussistenza alla storia. La storia è un magma che però ha una sua tenuta, sussiste. Allo stesso tempo spinge sempre oltre in un divenire in cui il passato forgia le trame del futuro. Come le acque alla sorgente di un fiume che poi si gettano nel mare, ugualmente il passato si travasa nel futuro. La storia dei popoli, così come quella dei singoli individui, è un’intelaiatura sottile di cause ed effetti che non è facile ricostruire e la cui narrazione partecipa a forgiare l’intreccio stesso. Le concomitanze sono molteplici e basta un piccolo spostamento per dare un'ampia virata a un andamento.

C’è una necessità che incatena i destini, eppure essi si forgiano come le onde in mezzo alle correnti che si spostano, si alzano, si abbassano a seconda dei venti. Ma nel magma di tali concatenazioni che tessono le storie, passa un respiro lieve che non è sottoposto a nessun giogo: il respiro della grazia dove tutto è leggero. Passa l’azione misteriosa e potente dell’opera creatrice sempre in atto. Ecco allora che il Papa introduce la «Storia delle storie»: la Sacra Scrittura. «Essa ci mostra fin dall’inizio un Dio che è creatore e nello stesso tempo narratore». Dio crea attraverso la Parola, quindi narra, ma proprio attraverso questo suo narrare «chiama alla vita le cose e, al culmine, crea l'uomo e la donna come suoi liberi interlocutori, generatori di storia insieme a Lui». Espressione forte che pone l’accento sulle potenzialità umane. Se l’uomo e la donna «insieme» a Dio generano storia, vuol dire che partecipano all’opera creatrice. Sono investiti di grande responsabilità perché se invece generano storia senza di Lui, possono distruggere. Ed è proprio rispetto a questo pericolo che Papa Francesco dimostra la sua ferma fiducia nel trionfo del bene. La Bibbia tramanda la fatica del lungo itinerario attraverso cui Dio attende la risposta d’amore al suo amore e che l’evento dell’incarnazione ratifica in maniera irreversibile. «La Bibbia è la grande storia d’amore tra Dio e l’umanità. Al centro c’è Gesù: la sua storia porta a compimento l’amore di Dio per l’uomo e l’amore dell’uomo per Dio». La storia dunque, con le sue oscurità, le sue grandi contraddizioni, è innanzitutto il terreno attraverso cui l’amore divino opera, si fa conoscere, si espande. Questo è essenziale raccontare e tramandare di generazione in generazione, come afferma la citazione dell’Esodo posta a titolo del messaggio: «Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria». Papa Bergoglio non si stanca di ribadire questa prospettiva. Misericordia, tenerezza, capacità di ascoltare, accogliere, perdonare, prendere a cuore disagi e sofferenze, danno conto di una teologia che sviluppa umanità attraverso il contatto intimo con l’amore divino inscritto nella memoria, con l’atto creativo che ci ha generati e continuamente ci genera. La divinità di Gesù traspare dalla sua umanità, dalla sua pienezza umana. Anche in questo messaggio mette in luce l’afflato amoroso di Dio verso l’essere umano per quello che è, nei suoi limiti, nelle sue fragilità, ma anche nella sua straordinaria bellezza di creatura amata. Questa prospettiva offre un vero e proprio esempio di teologia dell’incarnazione. Il desiderio connaturato a ogni uomo e a ogni donna di conoscere Dio, viene oltrepassato dal rivelarsi del desiderio intrinseco a Dio stesso di farsi conoscere. Per millenni la teologia ha continuato a tendersi nello sforzo di disincarnarsi per elevarsi verso l’assoluto, non ha cioè accolto la prospettiva biblica e soprattutto quella inaugurata dal Vangelo: Dio anela a farsi conoscere all’uomo e lo fa proprio incarnandosi. Conoscenza che si matura lasciando che Dio prenda corpo nell’intimo. Teologia dell’incarnazione che scaturisce dall’esperienza diretta di Dio nel cuore, via sapienziale. Ritorno a quella teologia della tradizione più antica fondata sulla connessione fra intelletto e cuore, intelletto d’amore. Conoscenza cioè veicolata dall’amore. Non si conosce Dio disincarnandosi, bensì lasciando che Dio si incarni in noi, dilati i nostri sensi carnali affinando la nostra capacità percettiva, sensoriale, rendendoci partecipi del suo amore.

 

(Da L'Osservatore Romano, giovedì 4 giugno 2020)