28 gennaio 2022

Per un uso consapevole dei social

 

di Davide Dionisi

 

Senza dubbio internet offre ai giovani ciò che desiderano di più: la compagnia degli amici. Il social networking, tramite le più note applicazioni di messaggistica, è la principale ragione per cui gli adolescenti trascorrono in rete molte ore della loro giornata. Si tengono informati, ma lo fanno a modo loro. Scelgono infatti gli argomenti e selezionano le fonti, tramite i mezzi che conoscono meglio. A discapito dell’attività tradizionale che ha segnato tutte le generazioni che li hanno preceduti: quella di incontrare faccia a faccia i loro coetanei e di stringere un contatto personale. Viene così meno il verbo “ascoltare” evocato dal Papa nel suo messaggio per la 56ma Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, considerato da Francesco decisivo nella grammatica della comunicazione.

«Il messaggio del Papa va letto attentamente e meditato anche perché in qualsiasi azione comunicativa l’ascolto deve essere prioritario affinché si crei dialogo», spiega don Davide Banzato, sacerdote padovano e assistente spirituale generale della Comunità Nuovi Orizzonti fondata da Chiara Amirante. «Nell’ambito della nostra associazione siamo partiti proprio dall’ascolto dei giovani, per la strada, nei loro luoghi di aggregazione, negli ambienti in cui vivono, così come nelle loro scuole. Così facendo abbiamo avuto l’opportunità non solo di affrontare i numerosi problemi reali che purtroppo vivono, ma anche di indirizzarli nei centri di ascolto, in strutture di accoglienza o in percorsi concreti di aiuto specifici, unitamente a progetti di contrasto alla povertà educativa e di prevenzione per il disagio giovanile. Tanti veleni che inquinano il cuore dei ragazzi provengono dal mondo della comunicazione e per questo — pur continuando ad essere presenti nei luoghi di aggregazione e nelle scuole — abbiamo investito energie per una presenza nei media e new media, che non vanno demonizzati di per sé, ma sono strumenti che possono essere usati bene o male. È necessario, dunque, che anche nei new media — luogo abitato dai giovani — ci siano contenuti positivi, sani e che ci sia una Chiesa in ascolto. Cosa che facciamo abitualmente raggiungendo creando un ponte con l’incontro interpersonale. Attualmente online 2 volte al mese ben 20.000 persone di 71 Paesi del mondo partecipano al percorso di conoscenza di sé e guarigione del cuore condotto da Chiara Amirante. Utilizziamo i social per evangelizzare e ascoltare, come veri e propri centri di ascolto online» sottolinea don Davide.

«Coltiviamo rapporti avvalendoci inizialmente del supporto della rete. Successivamente il contatto virtuale viene rimandato all’incontro personale perché la dimensione relazionale è essenziale per l’essere umano».

La capacità di ascoltare la società è risultata preziosa soprattutto in pandemia e secondo don Davide «questa è stata, e continua ad essere, una delle vere sfide cruciali. L’incapacità di leggere la realtà è un problema sollevato dallo stesso Papa Francesco — in particolare in Fratelli tutti — perché le parole hanno perso significato e spesso vengono usate in modo sbagliato». Per il sacerdote «manca di fatto una coscienza critica anche a causa dell’eccessiva velocità con cui viaggiano le informazioni a discapito della qualità. Si tende a cercare l’audience, il like, piuttosto che “il comunicare bene ed in modo etico”. È chiaro che poi si mettono sullo stesso livello le fake news, senza riuscire a valutarle in modo coerente, e gli articoli seri realizzati da professionisti che hanno anche un’etica della comunicazione. L’obiettivo rimane quello di aiutare i giovani, anche attraverso il web e i loro strumenti, a discernere ciò che è comunicazione sana da ciò che è artefatto e riuscire ad orientarli in un mare senza indicazioni. Così come è necessario mettere in piedi progetti che contrastino la povertà educativa».

Quanto al digital divide e all’aumento esponenziale delle disuguaglianze, don Davide si dice convinto che «anche in un tempo drammatico come quello che stiamo siamo ben lontani da parole chiave come solidarietà e sussidiarietà perché prevale la ricerca del potere e c’è un’egemonia egoistica e autoreferenziale che domina tutti. Sono ancora tante le persone che non hanno i mezzi per accedere alle informazioni. E questo crea un divario non solo tra le aree povere del mondo e quelle ricche, ma anche all’intero dei paesi più evoluti. Penso alla nostra Italia e alle periferie del paese in cui i disservizi sono ancora diffusi. Ho visto tanti genitori durante il periodo del lockdown, e ancora in questi giorni, che non hanno avuto la possibilità di poter accompagnare i loro figli a scuola e neanche di poter contare su una rete in grado di garantire la partecipazione alle lezioni».

Infine le insidie del web: «Ritengo che i new media non siano da considerarsi servizio pubblico di per sé perché la qualità dello strumento è sempre data dall’essere umano. Ci sono piattaforme che si evolvono sotto questo punto di vista e possono diventare servizio pubblico, ma le trappole sono sempre dietro l’angolo e abbiamo imparato che il servizio offerto spesso è ideologico e, quindi, molto pericoloso. Ogni realtà è fatta dalle persone e sono le persone che fanno la differenza».