24 gennaio 2023

Ascoltare il palpito antidoto alla propaganda

57a Giornata delle Comunicazione Sociali, editorale di Andrea Monda

 

di Andrea Monda, Direttore Responsabile de L'Osservatore Romano

 

Parlare con il cuore. Dopo l’invito dello scorso anno ad ascoltare con il cuore Papa Francesco invita i comunicatori sociali (e per i cristiani, annunciatori della Buona Notizia, questo significa che invita tutti), a parlare con il cuore. È interessante innanzitutto l’ordine delle azioni perché si potrebbe pensare che un comunicatore sociale sia una persona che per lo più parla, e invece è necessaria questa “conversione”: prima ascoltare, poi parlare. E fare le due cose nel medesimo modo, con lo stesso stile: con il cuore. È il cuore che ascolta, non le orecchie, è il cuore che parla, non la bocca, quello stesso cuore capace di vedere secondo la lezione di Benedetto XVI nella Deus Caritas est. «Non dobbiamo temere di proclamare la verità, anche se a volte scomoda, ma di farlo senza carità, senza cuore» afferma Francesco all’inizio del Messaggio, «Perché «il programma del cristiano — come scrisse Benedetto XVI — è “un cuore che vede”. Un cuore che con il suo palpito rivela la verità del nostro essere e che per questo va ascoltato».

Non solo ascoltare l’altro, ma ascoltare anche il proprio cuore, il suo palpito. Parlare con il cuore paradossalmente significa tacere in vista di un ascolto più radicale, significa fare silenzio. Se facciamo silenzio infatti lasciamo spazio all’altro e allora sentiamo innanzitutto che il nostro corpo ha già un suono, una voce: il palpito del cuore. Questa voce, così intima a me stesso, è già la voce di un altro. Da quel palpito, da quel suono del battito cardiaco gli studiosi pensano sia nata l’arte della musica e quindi della danza, due “linguaggi” primordiali dell’uomo, da cui è poi nata la poesia che è innanzitutto ritmo, canto. Come sottolinea il Papa, il cuore con il suo palpito rivela molto della verità del nostro essere. Rivela innanzitutto il nostro desiderio e verso dove il desiderio ci dirige. Se siamo calmi o agitati, tristi o felici, curiosi o annoiati... tutto questo passa dal cuore e dal cuore scaturisce con una lingua sincera, che mostra a noi stessi e agli altri chi siamo veramente. Parlare col cuore è quindi essere in un rapporto naturale, “sciolto”, con il proprio cuore, lasciarlo parlare. E questo porta, osserva il Papa, «chi ascolta a sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda, al punto da arrivare a sentire nel proprio cuore anche il palpito dell’altro». Viene in mente il verso di quella poesia della poetessa polacca Wisława Szymborska intitolata: Ascolta come mi batte forte il tuo cuore. Se lasciamo parlare il nostro cuore, se gli diamo ascolto, allora, conclude Papa Francesco, «può avvenire il miracolo dell’incontro, che ci fa guardare gli uni gli altri con compassione, accogliendo le reciproche fragilità con rispetto, anziché giudicare per sentito dire e seminare discordia e divisioni».

Il Messaggio è uno scrigno di spunti e stimoli su cui è opportuno tornare a riflettere. Oggi, ad una prima lettura, colpisce questo riferimento al “palpito” e alla necessità di ascoltare il proprio cuore e quello dell’altro. Da questo ascolto scaturisce la “comunicazione cordiale” che il Papa ci invita a realizzare: «Comunicare cordialmente vuol dire che chi ci legge o ci ascolta viene portato a cogliere la nostra partecipazione alle gioie e alle paure, alle speranze e alle sofferenze delle donne e degli uomini del nostro tempo. Chi parla così vuole bene all’altro perché lo ha a cuore e ne custodisce la libertà, senza violarla». L’esempio biblico che il Messaggio offre all’attenzione del lettore è quello di Emmaus in cui Gesù entra, con garbo e schiettezza, nelle conversazioni degli uomini riuscendo a far ardere il loro cuori. Proprio la Bibbia nel suo complesso ci fa capire cosa sia poi questo “cuore” che deve diventare l’organo principale dei nostri cinque sensi: nel linguaggio biblico infatti con “cuore” si indica la globalità, la complessità dell’uomo, il centro unificatore non solo dell’attività spirituale, ma di tutte le operazioni della vita umana. Chi parla con il cuore non vuole “qualcosa” dall’altro a qualsiasi costo, ma vuole l’altro, cioè vuole bene all’altro a cui si dona liberamente e totalmente, parlare con il cuore si può fare solo all’insegna della gratuità.

L’opposto del parlare con il cuore è fare propaganda. Il Messaggio in questo parla molto chiaro, calandosi nella drammatica attualità dei fatti di guerra che attraversano il mondo: «Ecco perché va rifiutata ogni retorica bellicistica, così come ogni forma propagandistica che manipola la verità, deturpandola per finalità ideologiche». Chi parla con il cuore unisce verità e carità, nel Messaggio questo è opportunamente ripetuto più volte facendo riferimento anche alla figura del “comunicatore gentile” San Francesco di Sales di cui oggi ricorre la festività, e quindi non manipola la verità, la rispetta. Invece chi fa propaganda (come anche chi fa pubblicità) non ha un approccio libero e liberante nei confronti dell’altro ma ideologico, strumentale, di tutta la ricchezza dell’esperienza umana il propagandista isola solo un concetto, se serve anche manipolando la verità e puntando ad un risultato, ad un solo effetto, che spesso impatta sul lato emotivo escludendo il resto delle dimensioni dell’essere umano. Il cuore, quella globalità complessa e misteriosa che è l’essere umano, viene dissezionato e quindi di fatto ucciso. L’opposizione propaganda-poesia può servire alla comprensione dell’odierno Messaggio che non a caso cita Manzoni e la pagina del dialogo, cuore a cuore, tra Lucia e l’Innominato. In quella scena drammatica avviene il paradosso per cui è l’Innominato ad avere quasi paura di Lucia e a dirle parole di incoraggiamento, al punto che la giovane donna gli risponde che le sue parole gli avevano “allargato il cuore”. Parlare al cuore produce l’effetto di allargare il cuore. Nell’omelia di ieri, Domenica della Parola, invitandoci a mettere tutta la nostra vita “sotto la Parola di Dio”, Papa Francesco ha evidenziato un pericolo: «Non ci succeda di professare un Dio dal cuore largo ed essere una Chiesa dal cuore stretto». Qui la differenza tra la propaganda e la poesia, in questo allargamento o restringimento. La parola della propaganda o della pubblicità producono infatti un linguaggio univoco, semplificante, che si impone dall’alto in modo assertivo, “monolitico”. La parola della poesia è invece equivoca perché è libera: è una proposta che si lancia all’ascoltatore interpellandolo nella sua interezza (testa, cuore, mani) e restituisce la complessità, la “semioscurità” della realtà, chiedendogli di interpretarla nella pienezza della sua libertà. Parlare con il cuore vuol dire essere creativi come i poeti. E coraggiosi, correre il rischio. Anche dell’incomprensione. Questo e non meno di questo ci chiede Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali per il 2023.