30 giugno 2021

L'Osservatore Romano, il giornale dei Papi festeggia 160 anni

In occasione dell’anniversario del quotidiano della Santa Sede sarà pubblicato oggi un testo inedito di Papa Francesco. Cinque i numeri speciali con gli articoli dei direttori di grandi testate italiane e internazionali

 

Vatican News

 

L’Osservatore Romano taglia, oggi primo luglio 2021, il traguardo dei 160 anni di vita. È uno dei giornali più famosi e citati al mondo ed è il più antico quotidiano in attività tra quelli che si stampano nella Città eterna. Vide la luce il primo luglio del 1861, subito dopo la proclamazione del Regno d’Italia, e riprese il nome di un precedente foglio privato (settembre 1849-1852), finanziato da un gruppo cattolico legittimista francese.

"Il giornale di partito"

In un testo inedito che sarà pubblicato proprio domani, Francesco parla della sua passione per “il giornale di partito”. Così lo aveva definito anche all’Angelus di ieri, Solennità dei Santi Pietro e Paolo, riferendosi all’anniversario. Una passione antica per L’Osservatore Romano, quella del Papa: in Argentina, racconta, leggeva tutta l'edizione settimanale in lingua spagnola perché “so - sottolinea - che è un legame con la Santa Sede, con il magistero e con la vita della Chiesa, con la storia della Chiesa”. Queste parole vengono riproposte nell’estratto dal documentario in corso di realizzazione dalla "Dazzle Comunications", per la regia di Francesco Zippel, dedicato alla storia del giornale che il quotidiano pontificio ha diffuso.

Inoltre, già nel viaggio aereo di ritorno dalla Romania, nel 2019, il Papa aveva esortato i giornalisti a leggerlo anche loro “perché è un giornale che offre chiavi interpretative e quello che io penso sta lì”.

Documentare pensiero del Papa e offrire chiavi interpretative

La missione di quello che nel 1961 - in occasione del centenario - l’allora cardinale Montini chiamò “singolarissimo quotidiano”, viene riassunta, nel comunicato, in due binari: “documentare il pensiero, le parole, le opere del Papa e della Santa Sede e offrire al lettore chiavi interpretative della realtà storica e spirituale del cattolicesimo e del tempo”, un tempo “osservato”, da Roma, con lo sguardo della Chiesa.

Giornalismo di fratellanza

Per festeggiare questo anniversario, dal 1 al 5 luglio esce con cinque inserti “speciali” che inaugurano una serie di iniziative in programma lungo tutto l’anno, con altre edizioni speciali ed eventi. Sono cinque i numeri speciali con gli articoli dei direttori dei grandi giornali italiani e internazionali – da El Pais a Le Monde, da Avvenire al Corriere della Sera e La Repubblica, dalla Fohla de S.Paulo a Limes e altri -  che sostanzialmente rispondo dalla domanda: “se è vero che viviamo un ‘cambiamento d'epoca’, come sta mutando e come vogliamo che si trasformi il giornalismo? Può essere l'enciclica Fratelli tutti un'indicazione per la via di un ‘giornalismo di fratellanza’ come risposta alla crisi che l'irruzione della pandemia ha riproposto in modo drammatico e ineludibile?”.

Alle donne affidata la meditazione del Vangelo

Per l’Osservatore Romano, questo anniversario, infatti, non vuol essere un ripercorrere con nostalgia un passato glorioso, ma aprirsi in modo costruttivo alle sfide del futuro. Prosegue dunque il programma di sviluppo del giornale, “segnato dall'integrazione tra l'edizione cartacea e quella digitale in forte e promettente crescita che apre a nuovi progetti futuri”. “Uno sforzo di ammodernamento - spiega sempre il comunicato - che ha conosciuto negli ultimi due anni un'accelerazione con il lancio, lo scorso 4 ottobre in occasione dell'uscita di Fratelli tutti, del giornale riconcepito, rinnovato nei contenuti, nel formato e nella grafica”. Inoltre, proprio da domani parte la campagna promozionale che prevede la possibilità di abbonarsi a tutto il giornale (edizione quotidiana italiana + edizioni settimanali nelle sei lingue principali), per un anno al prezzo di 20 euro. E da domani, per la prima volta, la rubrica in prima pagina La buona notizia, meditazione settimanale del Vangelo della domenica, viene affidata alla firma autorevole di cinque donne esperte di Bibbia e spiritualità, alcune delle quali già collaboratrici di Donne Chiesa Mondo. Il mensile femminile, tra l’altro, lo scorso maggio ha superato la tappa dei cento numeri e continua con forza la sua avventura sotto la guida del comitato di redazione coordinato da Rita Pinci. Inizia la serie delle meditazioni scritte da donne, suor Maria Ignazia Angelini, badessa dell'abbazia benedettina di Viboldone. Seguiranno Lucia Vantini, Rosalba Manes, Rosella Barzotti e suor Fulvia Sieni.

La storia

Nel comunicato viene anche riportata una scheda storica del giornale, che ha una foliazione ridotta e una tiratura limitata rispetto ai quotidiani più diffusi, “ma le sue caratteristiche uniche ne fanno una fonte di primaria importanza, soprattutto per la storia della Chiesa e del papato in età moderna e contemporanea”. Si ricorda, infatti, che “la sua nascita, che risale all’epoca della fine del potere temporale del Papa e degli inizi della cosiddetta ‘questione romana’, si deve all’iniziativa di un avvocato di Forlì, Nicola Zanchini, e di un giornalista di Bologna, Giuseppe Bastia, entrambi rifugiati politici nell’Urbe. L'idea dei due però poté realizzarsi solo perché coincise con un analogo progetto di Marcantonio Pacelli, sostituto del ministro dell'Interno pontificio e nonno del futuro Pio XII”.

Quello che in principio avrebbe dovuto chiamarsi “L'amico della verità”, sin dal primo numero recò la dicitura “giornale politico-morale”, divenuta poi “giornale quotidiano politico religioso”. “E - si evidenzia - a rimarcare il carattere polemico dell’iniziativa editoriale nel 1862 apparvero sulla prima pagina le due espressioni in latino ancora oggi riportate nella testata: la locuzione tratta dal diritto romano “unicuique suum” (a ciascuno il suo) e la citazione evangelica “non praevalebunt” ([le porte degli inferi] non prevarranno)”.

Si ricorda anche che L’Osservatore Romano viene stampato nel pomeriggio, tutti i giorni tranne le domeniche e le feste religiose del calendario vaticano. È redatto in italiano, ma i testi pontifici vi si trovano spesso anche in latino (come nel caso delle encicliche e di altri documenti). “E grazie alle edizioni settimanali, delle quali nel corso degli anni si è arricchita e internazionalizzata la comunità che lavora a L’Osservatore Romano, in realtà è scritto in sette lingue”: francese, spagnolo, inglese, portoghese, tedesco, polacco (in questo caso la pubblicazione è mensile) e dal 2007 malayalam, idioma parlato nel sud-ovest dell'India. “Unico giornale vaticano, ha carattere ufficiale per le ‘Nostre informazioni’, rubrica contenente l'elenco delle udienze e delle nomine pontificie”. Inoltre esso pubblica in versione integrale i pronunciamenti del Papa (discorsi, omelie e testi scritti), notizie relative alla Santa Sede e alla Chiesa cattolica nel mondo, informazione internazionale, culturale e religiosa.

Vari avvenimenti

Andando ancora indietro nel tempo, si ricorda che “i due fondatori del foglio - finanziato privatamente, ma sostenuto da Pio IX - ne furono anche i primi direttori, seguiti dal marchese Augusto Baviera. ‘Figlioccio’ di Papa Mastai Ferretti, guidò il giornale dal 1866 al 1884, divenendo di fatto anche il cronista che seguì i lavori del Concilio Vaticano I. Subito dopo Porta Pia (20 settembre 1870), L'Osservatore Romano fu costretto a sospendere le pubblicazioni, ben presto riprese il 17 ottobre successivo, con l'assorbimento della funzione di ufficialità che era stata del ‘Giornale di Roma’”.

“Nel 1884 - spiega ancora il comunicato - Leone XIII acquisì definitivamente per la Santa Sede la proprietà della testata, che - con l’aiuto di Pio x prima e di Benedetto xv poi - dal 1911 passò dalle quattro pagine iniziali a sei. Risale a questo periodo la scelta di imparzialità che caratterizzò la linea editoriale durante la Prima guerra mondiale. Nel 1920 fu scelto per la direzione il conte Giuseppe Dalla Torre, che vi rimase per ben quarant’anni, fino agli albori del pontificato di Giovanni XXIII. Intanto, con la nascita dello Stato della Città del Vaticano in seguito alla ‘Conciliazione’, la redazione si trasferì alla fine del 1929 dentro le mura leonine, dopo aver cambiato dalla fondazione una dozzina di sedi nel centro di Roma. Ciò consentì di resistere al restringersi delle libertà nell'Italia di Mussolini e di combattere dalle proprie colonne i principali totalitarismi dell’epoca”, avvalendosi di redattori e collaboratori di rilievo, provenienti dall’associazionismo cattolico avverso al fascismo, come Federico Alessandrini e Guido Gonella. Tutto questo coincise con la massima tiratura media (sessantamila copie, con picchi di oltre centomila) e con l’affermarsi della storica rubrica “Acta diurna”: rassegna critica della politica internazionale, curata da Gonella e proseguita anche durante il secondo conflitto mondiale e nel dopoguerra. Nel 1960, il timone fu affidato a Raimondo Manzini, che aveva diretto per oltre un trentennio il quotidiano “L'avvenire d'Italia”. Durante il suo mandato “L’Osservatore Romano” seguì la preparazione e lo svolgimento del Concilio Vaticano II.

Agli inizi del 1978 subentrò Valerio Volpini, intellettuale e scrittore, che ne rinnovò la grafica: basti pensare alle prime pagine delle edizioni straordinarie che in quello stesso anno annunciarono le elezioni papali dei cardinali Luciani e Wojtyła incorniciate con fregi disegnati da Manzù. Dal 1984 diresse il quotidiano per ventitré anni Mario Agnes, già presidente dell'Azione Cattolica italiana, coprendo in pratica tutto il lungo pontificato itinerante di Giovanni Paolo II. Risalgono a quegli anni ulteriori cambiamenti grafici connessi con l'introduzione, il primo luglio 1991, di nuove tecnologie informatiche, con il passaggio dal piombo ai computer. Dal 1997 L’Osservatore Romano è collegato alla rete Internet.

Nasce “Donne Chiesa Mondo”

Con Benedetto XVI il quotidiano è stato diretto per undici anni, a partire dal 2007, da Giovanni Maria Vian, storico, ordinario di filologia patristica, che ha introdotto il colore sulla prima e l'ultima pagina, e aperto anche alla collaborazione con i non cattolici. Dopo aver assunto la prima donna nella redazione, ha avviato il mensile “Donne Chiesa Mondo”: uscito da maggio 2012 dapprima come inserto del quotidiano, ha poi cambiato formato nel 2016, diventando a tutti gli effetti una rivista.

L’integrazione dei media vaticani

A seguito dell’opera riformatrice intrapresa da Papa Francesco, che con la lettera apostolica L’attuale contesto comunicativo ha istituito la Segreteria (oggi Dicastero) per la Comunicazione, L’Osservatore Romano è stato coinvolto in un processo di integrazione dei media vaticani, che ha ricevuto un’ulteriore spinta con la nomina nel dicembre 2018 a direttore responsabile dello scrittore e saggista Andrea Monda. Si è puntato soprattutto sull’approfondimento dei temi del magistero di Francesco. A causa della pandemia da Covid-19, dal 26 marzo al 3 ottobre 2020 c’è stata una temporanea sospensione della stampa del giornale, il quale però ha continuato a uscire in versione digitale, mentre è stato attivato il nuovo sito web. Dopodiché è stata lanciata l’app scaricabile gratuitamente su Appstore e Playstore, che ne consente la lettura su smartphone e tablet, ed è ripresa la pubblicazione cartacea con rinnovata veste tipografica, valorizzazione delle immagini e nuovi contenuti, consistenti in inserti tematici settimanali: il martedì “Quattropagine”, per approfondimenti culturali; il mercoledì “Religio”, dedicato alla Chiesa “ospedale da campo” in cammino sulle vie del mondo; il giovedì “La settimana di Papa Francesco”, per fissare parole e gesti del Pontefice; il venerdì “Atlante”, con le “cronache di un mondo globalizzato”. Contestualmente, agli inizi di novembre, è avvenuto il trasferimento della redazione nel Palazzo dei media vaticani in Piazza Pia, storica sede della Radio Vaticana.

Monda: il fuoco di un giornale giovane di 160 anni

Il direttore de L’Osservatore Romano Andrea Monda riflette sull’anniversario del quotidiano pontificio: è forte la tentazione di guardare alla nostra lunga storia, guardiamo avanti con fedeltà e creatività:

Un mio vecchio e saggio amico ama ripetere un’espressione divenuta comune: un uomo comincia a invecchiare quando invece di guardare avanti, si guarda indietro. Oggi «L’Osservatore Romano» compie 160 anni, una bella cifra, piccola se confrontata con la storia della Chiesa ma grande almeno il doppio rispetto all’età media di un essere umano e attestante una grande tenacia e longevità, rispetto ai tanti quotidiani italiani e stranieri nati prima o insieme alla testata della Santa Sede. È forte quindi la tentazione di voltarsi indietro e ricordare, celebrare questa lunga vicenda giornalistica che attraversa, non da comprimaria, gli ultimi tre secoli della storia dell’umanità in tutto il mondo. La scelta invece è stata quella della “giovinezza”: guardare avanti. Forti, ovviamente, di quella storia che è dietro le nostre spalle ma ancora continua a sviluppare effetti. È una scelta “tradizionale” nel senso che il grande compositore austriaco Gustav Mahler attribuiva alla tradizione: non la venerazione delle ceneri ma la custodia del fuoco. Questo giornale ha un fuoco da portare, che è lo stesso di cui parla Gesù nel Vangelo, quel fuoco che negli ultimi venti secoli ha incendiato e ancora infiamma tutto il mondo lì dove riesce ad arrivare. Ed è qui che si gioca la missione della Chiesa che, lo ha ricordato il Papa di recente, è credibile solo se è libera. È la sfida grande che ogni giorno affronta anche «L’Osservatore Romano».

Dal punto di vista scientifico quello che noi chiamiamo “fuoco” può essere definito “combustione”, che è un processo di trasformazione della materia che cambia, perdendo consistenza ma donando calore ed energia e purificandosi. È quello che accade ogni giorno quando, dal nulla, nasce il giornale che poi al termine della giornata lavorativa viene pubblicato, cioè sparso per il mondo. Oggi più che mai si può dire “sparso” visto l’approdo che il giornale ha fatto nella dimensione digitale che gli permette, in tempo reale, di raggiungere “i confini della terra”. E questo si può dire a testa alta, dato che il nostro è davvero un giornale internazionale, che esce in otto lingue e attraverso le edizioni linguistiche settimanali arriva in tutti i cinque continenti. Internazionale non rende l’idea: L’Osservatore infatti non è italiano, ma romano, cioè cattolico, quindi universale.

Questo giornale ha, oggi, una “giornata” lunga 160 anni ed è vissuto per tutto questo tempo proprio perché è cambiato, trasformandosi continuamente rimanendo, allo stesso tempo, se stesso. Fedeltà e creatività secondo le parole che Papa Francesco ha rivolto alla redazione martedì scorso in occasione della festa dei santi Pietro e Paolo. Non solo non sono in contrapposizione ma al contrario si alimentano l’una dell’altra: la fedeltà esiste grazie alla creatività e la creatività vive dentro la fedeltà, che è l’unico modo vero di essere creativi.

«L’Osservatore Romano» ha vissuto, cioè è cambiato, passando per le mani di dieci diversi direttori che voglio ringraziare tutti dalla direzione iniziale condivisa di Nicola Zanchini e Giuseppe Bastia fino a quella del mio diretto predecessore Giovanni Maria Vian: sono stati tutti tedofori che hanno portato questo fuoco, passandosi il testimone e consegnandomelo ormai due anni e mezzo fa. Se il giornale c’è ed è vivo, se io oggi posso lavorare, spero con fedeltà e creatività, lo si deve a loro e a loro va la mia gratitudine.

Un giornale è un fuoco, o almeno dovrebbe esserlo. Essere cioè un processo, che trasforma le idee che prendono forma al contatto con la realtà, con le notizie, idee che diventano riflessioni e racconti che si offrono ai lettori; nella qualità dei nostri articoli c’è quel calore e quell’energia che, bruciando, doniamo all’ambiente nel quale ci diffondiamo. Se la nostra redazione brucia di un fuoco buono, vivo, allora il calore e l’energia saranno sane, contribuiranno a rigenerare le persone che ci leggeranno. Sin da quella notte in cui l’uomo ha scoperto il fuoco, gli uomini hanno preso l’usanza di raccogliersi attorno alle fiamme che illuminavano la notte buia, riscaldavano l’ambiente freddo, cuocevano il cibo crudo. E nel raccogliersi cominciavano a sedersi attorno al fuoco e a raccontare, raccontarsi. Questo è l’auspicio che, nel momento in cui ogni pomeriggio mandiamo il giornale in stampa, accompagna la diffusione di questo giornale unico, “singolarissimo” come lo ha definito Giovan Battista Montini nella ricorrenza dei cento anni, il 1° luglio del 1961: raggiungere tutto il mondo con una parola che sia davvero “fuoco”, a volte scottante e urticante, ma sempre di incoraggiamento e di fiducia, di accompagnamento e di speranza.

E oggi la parola che, in questo passaggio dei 160 anni, vogliamo diffondere attraverso il nostro giornale, è fratellanza. Non ci siamo inventati nulla: è la prima parola pronunciata da Papa Francesco la sera del 13 marzo 2013 ed è quella che tiene in piedi, insieme all’altra, misericordia, l’intera arcata di questi otto anni di pontificato. Il 4 ottobre scorso abbiamo pubblicato, nel giorno in cui il giornale tornava alla stampa con un nuovo formato e impostazione, il testo dell’enciclica Fratelli tutti.  È un testo potente che scuote le coscienze di un mondo ancora intorpidito, colto di sorpresa e rimasto senza parole dall’irruzione, tragica e violenta, della pandemia. Al mondo ammutolito il Papa propone una parola: fratellanza. Possiamo rimanere umani se ci riscopriamo fratelli. Non si tratta tanto di volerlo quanto piuttosto di riconoscerlo. E in questo il mondo della comunicazione può giocare un ruolo importante, decisivo. Se però sceglierà di inaugurare una stagione di giornalismo di fratellanza: dove fare il giornalista non sia un esercizio di potere ma un servizio, un servizio da offrire all’altro fratello così come è, nella sua concretezza. Raccontando la sua storia per gettare un ponte, tentando di creare le condizioni di una possibile alleanza, senza cercare invece di acuire le ragioni della separatezza e alimentare le contrapposizioni. Per far questo si deve abbandonare la tentazione dell’ideologia, sempre strisciante, che conduce al risultato di piegare la realtà ai nostri pregiudizi e infine ai nostri interessi; per far questo si deve essere come dice il Papa «un giornale vivo, che ci aiuta; per questo non può essere di laboratorio o di scrivania, dev’essere di strada, per prendere la vita e la vita la si prende come viene, non come io vorrei che venisse».

Il Papa ci ha detto che già lo siamo un giornale vivo, incoraggiati dalle sue parole, con questi inserti  speciali che oggi inauguriamo per il 160° anno di vita de «L’Osservatore Romano», vogliamo contagiare della nostra vitalità tutto il mondo e per questo abbiamo chiesto ai direttori di importanti testate italiane e straniere di mettersi in gioco  e riflettere insieme a noi su come dovrebbe essere il giornalismo adeguato alla sfida dell’epoca che viviamo, “un’epoca di cambiamento” come ha spesso ripetuto Francesco, che esige quindi un servizio che sia all’altezza di tale sfida. Noi ci siamo, giovani di 160 anni, siamo vivi e con spirito colmo di gratitudine guardiamo avanti, certi che il futuro è migliore di tutti i nostri passati.