Lettera al sac. Jean Bernard, presidente OCIC

Segreteria di Stato, 10 giugno 1954

 

Affidando a monsignor Albino Galletto, che sarà accompagnato dal rev. Deskur, l'incarico di rappresentare la Pontificia Commissione per la Cinematografia alle prossime Giornate internazionali di Colonia, la Santa Sede desidera darle una nuova prova del suo interesse alle attività dell'OCIC.

Quest'anno, poi, l'argomento delle discussioni conferirà alla vostra assemblea annuale un'importanza particolare. Tratterete, infatti, della classificazione morale dei film, cioè, in definitiva, dell'atteggiamento fermo e prudente da assumersi, rispetto alla produzione cinematografica odierna, da ogni cattolico consapevole dei suoi doveri e delle sue responsabilità. Atteso il profondo influsso che il film esercita nell'anima degli spettatori, il Santo Padre, informato del programma delle Giornate di Colonia, auspica che i delegati dei diversi paesi che vi parteciperanno, studino con la più grande attenzione il grave problema sottoposto al loro esame.

Non dubito che, nel dirigere le discussioni, non mancherete di riferirvi costantemente agli insegnamenti così chiari e sempre attuali dell'enciclica «Vigilanti Cura»1, confermata e precisata dai recenti documenti della Santa Sede. Per quanto riguarda in particolare la costituzione, in ogni nazione, da parte dell'episcopato, di un ufficio cattolico nazionale per il cinema, l'esperienza ha dimostrato la validità ed anche la necessità di un tale organismo. Sua Santità si augura pertanto che, dove esso non esista ancora, sia costituito senza ritardo e che ad esso siano forniti i mezzi per un'azione efficace.

Troppi fedeli, infatti, oggi affollano le sale dei cinema senza essersi sufficientemente informati della qualità religiosa e morale dello spettacolo; taluni, anzi, sembrano non aver coscienza del loro dovere a questo riguardo; i giovani, soprattutto, generalmente non sono sufficientemente protetti contro la seduzione .dei film. Questo stato di cose preoccupa giustamente i pastori responsabili, e l'ufficio nazionale è normalmente l'organo tecnico per mezzo del quale i vescovi potranno esercitare la necessaria vigilanza in un settore particolarmente delicato del loro ministero pastorale. Per questo, nella misura in cui questi uffici nazionali hanno ricevuto un esplicito mandato dalla gerarchia, non si può dubitare sul carattere normativo dei giudizi morali da essi emanati sui film. I fedeli hanno, perciò, il dovere d'informarsi di questi giudizi e di conformare ad essi la loro condotta.

Di qui si rileva con quale prudenza e con quale attenta rettitudine devono procedere le commissioni nazionali incaricate di valutare moralmente i film; di qui anche si deduce con qual cura devono essere scelti i membri di dette commissioni, i quali opereranno sempre sotto la direzione e la responsabilità di un sacerdote, espressamente designato dall'episcopato. So che siffatti argomenti saranno oggetto dei vostri dibattiti e che dal confronto delle molteplici esperienze è lecito attendere i migliori frutti in questo settore. Inoltre è auspicabile che, rispettando le legittime diversità delle situazioni nazionali, l'assemblea di Colonia possa in qualche modo coordinare i sistemi della valutazione dei film.

Ma la questione più delicata che dovrete affrontare è certamente quella dei criteri stessi di siffatta classificazione morale.

Avendo ad un tempo lo scopo di preservare e di educare i fedeli, questa valutazione deve anzitutto esprimere un giudizio obiettivo sul valore morale del film. Che se è da augurarsi che un'opera moralmente raccomandabile eccella anche per pregi tecnici, è necessario evitare ogni concessione verso film che, pur provvisti di pregi artistici o interessanti per il problema trattato, sollevino gravi riserve, sotto l'aspetto morale o religioso. Può darsi che le commissioni di valutazione debbano premunirsi, qualche volta, contro siffatta tentazione.

È chiaro che, per dare a questa valutazione obiettiva la necessaria precisione, conviene tenere conto anche delle diverse categorie di spettatori. Si abbia tuttavia gran cura di ricordare che non si tratta di esprimere un giudizio per ristretti gruppi di fedeli preparati; le sale sono aperte a tutti, e ciò che può essere utile ad un cristiano ben formato o, in linea generale, ad uno spettatore abituato alla sana critica, rischia, invece, d'essere dannoso all'insieme del pubblico, che ogni sera si stipa nelle sale di spettacolo. In questo caso, il bene comune deve prevalere su ogni altro interesse particolare; ciò sarà ancora più manifesto se si considera l'azione sistematica che dovrà esercitarsi sull'opinione pubblica e sulla stessa produzione.

Infine, non si dimentichi mai che la valutazione morale dei film deve normalmente contribuire ad educare il criterio di giudizio dei fedeli. Ora questa educazione, come ogni altra, esige un progressivo affinamento del senso morale, una ricerca positiva dei valori più alti e una sempre maggiore delicatezza di valutazione; esiste, a questo proposito, un pudore dello sguardo e della sensibilità che nega ogni concessione e che è caratteristica di una reale nobiltà d'animo. Secondo siffatto ideale un cattolico deve abituarsi a giudicare senza soggiacere ad un pusillanime timore dei critici. I figli della Chiesa hanno, in proposito, un compito privilegiato da svolgere per difendere e, se occorre, per promuovere i veri valori cristiani e umani nell'arte cinematografica.

Ecco, in breve, alcune considerazioni suggerite dal tema delle vostre giornate. Il Santo Padre, che conosce ed apprezza il buon lavoro attuato nel campo cattolico internazionale dall'OCIC, raccomanda a Dio il prossimo incontro ed incoraggia di tutto cuore coloro che vi parteciperanno ad armonizzare unanimi nella volontà di sempre meglio servire l'episcopato e il pubblico cattolico con la loro fermezza e rettitudine nel giudizio morale dei film [...]

 

Tratto da: Enrico BARAGLI, Cinema cattolico, Città Nuova, Roma 1965.

 

1 Pio XI, Lettera enciclica «Vigilanti cura» (1936).

 

 

FonteLe cinéma dans le enseignement de l'Eglise, Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano, 1955, pp. 107-110.