Lettera al mons. Jean Bernard, presidente OCIC

Segreteria di Stato, 22 giugno 1967

 

[...] Questo Incontro [...] é stato opportunamente organizzato col concorso del Centro Internazionale Evangelico del Cinema (Interfilm), per dimostrare l'interesse profondo che tutti i cristiani provano al rinnovamento spirituale del cinema odierno. E le vostre adunanze si svolgono durante il Festival Internazionale del Cinema a Berlino, il che faciliterà quel dialogo sincero e cordiale di cui tutti gli addetti alle attività cinematografiche, ed anche gli spettatori, avvertono sempre più la necessità.

L'argomento degli incontri non può non suscitare il più vivo interesse. Si tratta infatti dei grandi problemi umani, che richiamano l'attenzione del cinema e di tutti i modi di espressione che la cosiddetta settima arte utilizza e perfeziona, tenendo conto delle condizioni concrete di realizzazione e di diffusione dei film. Le tappe principali della vita umana, i drammi individuali e sociali, la comprensione tra gli uomini, tra i popoli e tra le razze: ecco i temi preferiti oggi dai cineasti, e perciò i temi scelti per le discussioni nel vostro Incontro. Ognuno di essi implica concezioni basilari sulla dignità dell'uomo e del suo destino, mentre pone numerosi problemi di carattere professionale, artistico, tecnico ed economico.

La varietà di aspirazioni, di ideologie, di culture e di sensibilità esistente nella società occasiona quel problema della comunicabilità che giustamente attira la vostra attenzione. Infatti, per compiere la sua funzione, il mezzo di espressione deve sempre venire adattato alla capacità dei destinatari, mentre apporta loro sempre nuovi arricchimenti.

A questo proposito, durante il suo recente incontro con i professionisti del mondo delle comunicazioni sociali, il Santo Padre faceva opportunamente notare che «per comunicare davvero con gli altri, bisogna ritrovare se stessi. È questa l'energia di chi cerca il senso profondo della vita. È I'energia della coscienza morale, bisognosa di luce, di ordine, di amore, di pace. Saltiamo il drammatico processo intermedio per concludere: bisognosa di Cristo»1.

Non c'è dubbio: più l'uomo rientra in se stesso, più si applica ad attingere dal tesoro della sua fede cristiana, più si vede quale immagine di Dio, con tutte le sue smisurate possibilità di bene, e più egli è capace di far sprizzare dalla realtà umana, anche dalle sue debolezze e dalle sue miserie più vili ed amare, una nota di bontà, e da questa, subito, un raggio ed un tratto di bellezza che illumina tutta la sua attività creatrice.

In questa luce un film può diventare interprete e guida privilegiata della comunità umana, agevolandole, per la magia dell'arte, la scoperta della luce che sempre si nasconde dietro la realtà dell'esistenza umana. Così esso aiuta l'uomo e la società a conoscersi, attribuendo così ad ogni «rappresentazione» un certo valore morale, se non proprio religioso.

Non perciò é giusto stimare poco i film a soggetto religioso, dato che essi si riferiscono all'aspetto più nobile della vita, quell'aspetto che sazia le aspirazioni più elevate dell'uomo. Vero è che, insieme, essi pongono ai realizzatori il delicato problema di come fare esprimere alle immagini i valori spirituali che le trascendono. Si direbbe quasi una sfida alla tecnica. Eppure la comunità cristiana ha tutte le ragioni per desiderare ed attendersi che la sua fede e le ricchezze della sua vita spirituale appaiano sullo schermo, figurandovi non come meri elementi ornamentali, slegati dalla vita, ma come intrinseco dinamismo espresso dal più intimo vitalismo del mondo odierno.

In realtà, i valori della trascendenza ricoprono una funzione importante nell'esistenza quotidiana, perciò non possono essere disattesi da quel cinema che si ritiene specchio della vita; come non possono essere ignorati i problemi dell'amore, i problemi dello sviluppo, dei conflitti e dell'armonia tra le nazioni e tra gli individui, né tanti altri argomenti riguardanti insieme l'arte e la religione, capaci di arricchire l'espressione filmica di significati originali e profondi.

 

1 Paolo VI, Discorso «Salute, fratelli» (1967), n. 12.

 

FonteBollettino d'informazione, 1967, n. 75, p. 15 ss.