Lettera al can. Abel Brohée, presidente OCIC

Segreteria di Stato, 18 febbraio 1947

Il Santo Padre ha scorso con vivo interesse, signor canonico, il resoconto inviatogli lo scorso autunno sui lavori compiuti dall'Office Catholique International du Cinéma fin dalla fondazione.

Già in molte occasioni il Capo della Chiesa ha richiamato l'attenzione dei suoi figli sul potente mezzo di propaganda che il cinema è nel mondo odierno, e sui doveri dei cattolici in questa materia. Il cinema può essere, infatti, per tutte le classi della società, un incomparabile strumento d'informazione e di cultura; può aiutare le nazioni e i popoli di civiltà più diverse a conoscersi e ad apprezzarsi; può, soprattutto, dare uno dei mezzi più efficaci nel diffondere le dottrine religiose e nell'educare spiritualmente l'umanità.

Disgraziatamente i fatti provano che troppo spesso, nelle mani di imprese poco scrupolose, il cinema diventa un mezzo di perversione terribilmente corrosivo.

Questo spiega l'importanza che il Santo Padre attribuisce alla vostra opera, la quale si sforza di attirare l'attenzione delle coscienze cristiane sulla portata di questo problema, d'illuminarle alla luce degli insegnamenti pontifici, e nel contempo si applica a favorire la produzione e lo scambio dei migliori film.

Appare più che mai necessario nell'ora presente che sia scrupolosamente e dappertutto attuato quanto prescrive l'enciclica «Vigilanti Cura», in special modo circa l'istituzione, nelle nazioni dove ancora non esistesse, dello stabile pro tota natione inspectionis officium, disposto della stessa enciclica. Però i critici cinematografici non temano – come potrebbero esser tentati di fare col pretesto della libertà dell'arte – di prender parte alla crociata ugualmente richiesta dall'enciclica, col fine di risanare il cinema. E sarebbe molto augurabile che essi si sentissero sostenuti in ciò dal pieno assentimento dell'opinione dei cattolici, dalla premura delle famiglie cristiane nell'attenersi alle indicazioni degli uffici nazionali e dal generoso ardimento dei laici qualificati, i quali non esitino, per servirvi Cristo e la Chiesa, ad entrare in questo immenso campo della produzione cinematografica.

Tutto questo l'OCIC si sforza d'inculcare e di attuare. Perciò Sua Santità non vuole che manchi il suo paterno incoraggiamento a coloro che si consacrano con tanta abnegazione a siffatto lavoro, spesso ingrato, ma sempre fecondo, e del quale il ritmo della vita moderna rende ogni giorno più evidente tutta l'importanza.

 

Tratto da: Rivista del Cinematografo 1947, n. 4, pp.4 ss.