Discorso del Santo Padre Pio XI ai giornalisti cattolici

6 giugno 1933

 

[...] Anche a considerare soltanto la stampa in sé, in quanto tale, non si può non avvertire subito la potenza di questo grande strumento maneggiato con tanta confidenza, maestria e abilità. Alcuni hanno detto che i giornalisti sono i «portavoce» della pubblica opinione, altri che essi ne sono invece i «fabbricatori». L'una e l'altra definizione sembrano vere: ed esse dicono chiaramente tutta la potenza dei giornalisti, ma anche tutte le loro formidabili responsabilità. Basterebbe, ad indicarle, la grande importanza che l'opinione pubblica ha, pur essendo una forza spesso indefinibile ed inafferrabile: ma si sa che cosa significhino e come immensamente valgano, secondo le ultime scoperte della scienza, gli invisibili, gli imponderabili, gli inafferrabili nella struttura e nella compagine dell'universo!

E se tutto ciò è vero per la stampa in genere, a maggior ragione lo è per la stampa cattolica, per i giornalisti cattolici.

I giornalisti cattolici sanno, sentono – e giustamente ciò sentendo hanno ragione di esaltarsi – che il lavoro da essi compiuto è vasto quanto la Chiesa stessa Cattolica; ciò significa che è vasto come tutto il mondo. E tale attività si svolge in un ordine di idee tanto più alto in quanto che essi sono non più solamente i portavoce o i coefficienti dell'opinione pubblica, ma i portatori – ed è questa la loro fondamentale ragione di essere e di operare – in tutta la loro operosità, dei tesori stessi della vita cristiana, in tutti i suoi rapporti con la vita individuale, domestica, sociale, pubblica, applicando l'alta, onorata qualifica di giornalisti cattolici in ogni parte del giornale, non solo in quelle ufficiali, redazionali, nelle più importanti, insomma, ma anche in tutte le altre pagine, anche nella cosiddetta quarta pagina, ovunque portando il suggello di Cristo, il colore, per così dire, del Sangue suo divino, al quale dobbiamo tutto quello che entra nella denominazione della vita cristiana. I giornalisti cattolici sono, in tal modo, i portavoce preziosi della Chiesa stessa, della gerarchia e dei suoi insegnamenti; fra i più alti e nobili portavoce anzi di tutto quanto dice ed opera la Santa Madre Chiesa. Per questa sua funzione, è vero, la stampa cattolica non appartiene alla Chiesa docente, essa resta sempre nella Chiesa discente: ma essa è portatrice ovunque di quello che insegna la Chiesa docente, maestra delle genti, che attua per sempre il comandamento del suo fondatore divino: Euntes, docete omnes gentes.

In questo deve essere il più alto onore, la più squisita soddisfazione, la più dolce ricompensa dei giornalisti cattolici, e anche il più forte stimolo a continuare, sempre più e sempre meglio nei loro generosi e santi propositi.

Ma essi anche, oltre che i portavoce della Chiesa, sono gli interpreti della voce dei fedeli, e recano il riverbero che hanno nei credenti la parola, il pensiero di Dio e gli insegnamenti della Chiesa, la divina Maestra, la divina Madre.

Per adoperare un linguaggio moderno, i giornalisti cattolici potrebbero essere chiamati non più soltanto i portavoce, ma gli altoparlanti della Chiesa, della verità, della fede, della vita cristiana: altoparlanti sia quando diffondono la fede della Chiesa che insegna e che dirige, sia quando raccolgono i pensieri e gli affetti – suggeriti dalla stessa madre e maestra, la Chiesa – di tutti i fedeli, per portarli al suo cuore materno, ai suoi piedi, per dire come le sue sollecitudini, la sua parola siano bene intese, bene accolte e ben tradotte nella vita pratica.

 

FonteDiscorsi Pio XI, II vol., Torino, SEI, 1960, pp. 905 ss.