03 maggio 2019

Firmata la “Carta di Assisi”, per un’informazione di pace

Presentata e firmata oggi, nella sede della Federazione Nazionale Stampa Italiana, il primo documento contro l’informazione che induce all'odio e per un giornalismo di pace. Presenti i rappresentanti delle tre grandi religioni monoteiste.

Salvatore Tropea – Città del Vaticano

 

Un decalogo, unico nel suo genere e mai prodotto fino ad ora, che rappresenta una guida per il giornalismo e il mondo dell’informazione affinché non ci siano più muri mediatici e parole usate come pietre. È l’obiettivo della “Carta di Assisi”, firmata questo pomeriggio a Roma, nella sede della Fnsi, per spronare una stampa attenta alla costruzione di ponti e di pace. All’evento, che ha coinvolto numerosi giornalisti, associazioni, religiosi, intellettuali e semplici cittadini, hanno preso la parola, tra gli altri, il prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, Paolo Ruffini; il direttore de La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro; l’imam della Grande Moschea di Roma, Saleh Ramadan Elsayed; la presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello e il direttore della Sala Stampa della Basilica di Francesco d’Assisi, padre Enzo Fortunato.

Ruffini: Carta che parte dal basso per unire

Il nuovo documento “parte dal basso e viene consegnato a chi oggi fa comunicazione, cioè tutti” ha affermato il prefetto Paolo Ruffini nel corso del suo intervento. “Oggi – ha sottolineato – la comunicazione è la parola d’ordine per chiunque, tanto dei professionisti quanto per qualsiasi utente”. Per questo motivo, secondo Ruffini, “bisogna necessariamente partire dal basso per contrastare il fenomeno dell’odio, della violenza e recuperare quindi il valore delle parole”. Il web in particolare ha una funzione importante: “non va demonizzato – ha spiegato il prefetto – anche perché è nato proprio per unire”. La Carta di Assisi, quindi “andrebbe firmata da chiunque e i professionisti la dovrebbe vedere come una sorta di giuramento di Ippocrate”.

Padre Spadaro: un documento per tutti

Dello stesso avviso è padre Antonio Spadaro. “L’informazione – ha detto – costruisce la realtà e il nostro modo di vivere insieme. Questi aspetti vengono recepiti molto bene dalla Carta”. Per Spadaro, comunicare significa “creare in luogo di comprensione della realtà e dell’altro, quindi un ambiente che dovrebbe essere esclusivamente di pace”. Anche il direttore de La Civiltà Cattolica ha poi ribadito l’importanza del documento “non solo per gli addetti ai lavori, ma per tutti gli utenti e i cittadini. Anche per chi usa molto i social network”.

Contrastare le parole di odio

A portare il suo commento anche la presidente della Comunità Ebraica della Capitale, Ruth Dureghello. In particolare il contrasto alla violenza è fondamentale “per quanto riguarda il mondo religioso”, ha affermato. “Avere fede – ha spiegato – significa credere innanzitutto nella pace, nel rispetto reciproco e nella dignità di tutti”. Su questi temi “l’informazione – ha concluso – può fare tanto e la Carta di Assisi può essere un importante punto di inizio”. L’importanza delle parole è stata sottolineata anche dall’Imam di Roma Saleh Ramadan Elsayed: “il Dio in cui crediamo è unico e ha generato tutti gli uomini con il fine della pace”, ha dichiarato. Le parole, quindi, “sono un dono non per distruggere o per creare violenza, ma solo per costruire e dialogare”.

I dieci punti della Carta

Il documento di Assisi, che fa esplicito richiamo all’incontro interreligioso voluto da San Giovanni Paolo II nel 1986, consta di dieci punti. Un Carta “che serve ad ispirare” come ha sottolineato padre Spadaro, ma non per questo meno importante di tanti altri documenti deontologici. Quello che si chiede ai giornalisti è quindi di: scrivere degli altri quello che si vorrebbe scritto di se stessi; non temere di dare una rettifica quando ci si accorge di aver sbagliato; dare voce ai più deboli difendendone la dignità; imparare il bene di dare i numeri e i dati giusti; usare le parole per costruire ponti e non muri; proteggere la verità dei fatti narrati; non essere autoreferenziali; usare bene il Web; mettere in contatto le persone; dare corpo e sostanza a tutte le notizie. La responsabilità di usare le parole per costruire e diffondere il bene è stata sottolineata anche dall'imam di Roma, Saleh Ramadan Elsayed, che ha affermato che la religione è l'amore, la tolleranza e la pace.

 

Ascolta l'ntervista a Padre Antonio Spadaro, direttore Civiltà Cattolica

Ascolta l'ntervista a Ruth Dureghello, presidente Comunità Ebraica Roma

Ascolta l'ntervista a Saleh Ramadan Elsayed, imam di Roma

L'incontro nella sede della Federazione Nazionale della Stampa Italiana a Roma