Lettera al mons. Jean Bernard, presidente OCIC

Segreteria di Stato, 13 gennaio 1966

 

[...] il Concilio, che da poco s'è concluso [...], ha prestato speciale attenzione agli strumenti della comunicazione sociale, ed ha dimostrato quanto la gerarchia cattolica sia sensibile a questi gravi problemi, tra i quali quella oggi posta dalla produzione cinematografica1.

Tra gli strumenti della comunicazione sociale, infatti, il cinema è di quelli che più influiscono a modellare la mentalità dell'uomo moderno. Senza parlare delle facilitazioni oggi attuate dalla televisione per introdurre il cinema tra le pareti domestiche, esso continua ad esercitare un influsso immediato su un enorme numero di spettatori, che affollano i locali pubblici e privati, con palesi profonde risonanze educative, culturali e sociali.

Perciò occorre moltiplicare prontamente ogni sforzo ed ogni sacrificio per incrementare le attività dei cattolici nel mondo del cinema, dove una presenza cristiana urge non meno che nei settori paralleli della stampa, della radio e della televisione.

Urge innanzi tutto che si formi la coscienza cristiana dello spettatore: compito primario degli Uffici Nazionali del cinema2. A siffatta formazione concorrono i giudizi morali dei film, le iniziative scolastiche ed extrascolastiche3 e la formazione di critici cattolici capaci e fedeli al loro ideale religioso4. In tal modo si tratta di formare tutto il popolo cristiano, senza trascurare ovviamente altre iniziative che, nella fedeltà al magistero ecclesiastico, possano contribuire ad accrescere la cultura cinematografica e la ricerca scientifica in questo settore.

Ma insieme occorre agire presso i professionisti dell'industria cinematografica, innanzi tutto persuadendoli che la Chiesa s'interessa ad essi ed alle loro attività, e poi sensibilizzandoli alle loro gravi responsabilità sociali5. Di qui l'importanza di appropriate associazioni cattoliche nelle professioni attinenti al cinema, col compito, insieme, e di agevolare ai membri la vita di fede, in un ambiente che non la facilità, e di indurli a collaborare efficacemente con le autorità civili per far rispettare la pubblica moralità, e contribuire così alla salute spirituale della società.

Non si dimenticherà, infine, che il cinema può e deve essere utilizzato anche a servizio diretto dell'istruzione cristiana e dell'evangelizzazione. Ecco un settore che offre possibilità immense per la diffusione del messaggio cristiano, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.

Proprio per assolvere questi svariati suoi compiti, dal pontificato di Pio XI, la Chiesa, istituendo gli Uffici Nazionali del cinema, ha approntato le strutture richieste dalle nuove necessità. Questi Uffici, che operano in ogni nazione sotto l'alta direzione di una commissione episcopale, o di un vescovo delegato6, devono sempre più strutturarsi in centri di studio, di aiuto e di coordinamento delle diverse form di apostolato nel e col cinema. Solo per questa via sarà possibile esercitare, in un terreno così delicato, un'azione profonda di sviluppo dei valori umani, spirituali e culturali, ad utilità della Chiesa e delle anime.

 

1 Concilio Vaticano II, Decreto «Inter mirifica» (1963).

2 Concilio Vaticano II, Decreto «Inter mirifica» (1963), art. 21

3 Concilio Vaticano II, Decreto «Inter mirifica» (1963), art. 16

4 Concilio Vaticano II, Decreto «Inter mirifica» (1963), art. 15

5 Concilio Vaticano II, Decreto «Inter mirifica» (1963), art. 11

6 Pio XII, Enciclica «Miranda prorsus» (1957), n. 79; Concilio Vaticano II, Decreto conciliare «Inter mirifica» (1963), art. 21

 

FonteBollettino d'informazione, 1966, n. 74, p. 1.