Lettera a Giuseppe Dalla Torre, presidente UCIP

Segreteria di Stato, 30 giugno 1960

 

Come voi non ignorate, in questi ultimi decenni i romani pontefici si sono spesso interessati alle tecniche moderne di diffusione, e soprattutto alla stampa. Basterebbe ricordare l'Esposizione della stampa voluta anni fa da Pio XI nel Vaticano1, come pure le attenzioni rivolte da Pio XII ai giornalisti in parecchie occasioni. Ed uno dei primi gesti di Sua Santità Giovanni XXIII fu di ricevere nella Sala Clementina gli inviati dei diversi servizi d'informazione per ringraziarli delle loro prestazioni in occasione dei funerali del suo predecessore e della sua assunzione al supremo pontificato. Commentando la bella consegna del Manzoni di «mai tradire il vero», il Pontefice li invitava allora a curare meglio l'esattezza e l'oggettività nell'esercizio della loro professione. Questo pensiero gli è caro, e su di esso egli si augura che il giornalista cristiano spesso mediti per accordarvi sempre più la propria azione. «Non possiamo fare a meno – riaffermava il Papa nella sua prima enciclica «Ad Petri Cathedram»2 – di esortare specialmente a presentare la verità con diligenza, discrezione e prudenza, tutti quelli che con i loro libri, le loro riviste e i loro giornali, di cui oggi c'è tanta abbondanza, esercitano così grande. influsso sull'animo dei loro lettori».

Del resto è questo amore alla verità che sostiene la fatica del pubblicista cristiano e che Io rende certo, secondo la ricca espressione di san Paolo, che «operando secondo la verità nella carità» (Ef 4,15), egli collabora all'avvento del Regno di Dio, nel quale l'umanità intera è chiamata ad entrare ed a trovare le sua unità più profonda. Il Santo Padre, nel documento citato, faceva eco alle parole dell'Apostolo in questi termini: «Dall'acquisizione della verità piena intera e schietta deve derivare necessariamente l'unione delle menti, dei cuori e delle azioni. Le opposizioni, le liti, i contrasti nascono prima di tutto dal fatto che la verità non è conosciuta». È più che chiaro che la stampa cattolica ha un compito di rilievo in questo avvicinamento degli uomini con la conoscenza della verità. Perciò ben a ragione il Congresso di Santander studierà le sue responsabilità in questa campo e preciserà in qual misura essa può essere fattore di unione tra i popoli.

Gli odierni progressi dell'informazione permettono al mondo, oggi meglio di ieri, di prendere coscienza del proprio comune destino. Ora la stampa è, sì, capace di formare una opinione pubblica comune, ma l'esperienza quotidiana purtroppo dimostra che molto spesso può servire per seminare discordie tra gli uomini. Ecco, dunque, una missione di concordia e di pace, compito speciale della stampa cattolica. L'amicizia tra i popoli sarà legge per il giornalista cristiano: piú che quello che divide ed oppone, egli cercherà quello che avvicina ed unisce. In forza di questo amore di, tutti gli uomini, che ricevono da Dio una stessa vocazione soprannaturale ed una identica dignità umana, il pubblicista cattolico si farà volentieri il difensore di tutte le persone umiliate e vittime di ingiustizie. Egli si moverà particolarmente a compassione se sono i suoi fratelli ad essere perseguitati, e sentirà il dovere di farsi massima eco della sollecitudine angosciata del Santo Padre per la Chiesa del silenzio.

Siffatta disposizione di comprensione e di benevolenza la stampa cattolica la mostrerà in misura superiore specialmente riguardo ai popoli che lottano duramente contro la miseria, la fame, le malattie o l'ignoranza. Infatti questi paesi hanno tutto il diritto di attendersi aiuto e assistenza dalle nazioni meglio provviste... Oggi come oggi il loro avvenire dipende in gran parte dall'opinione pubblica che si forma in essi e che subisce influssi diversi. La stampa dei paesi ricchi non può restare indifferente avanti a questa situazione e deve rispondere prontamente e con generosità all'invito insistente fatto dal S. Padre riguardo ai territori di missione. «Ricordando ciò che ha suggerito il suo predecessore immediato Pio XII» nell'enciclica Fidei Donum3 sul «dovere dei fedeli di moltiplicare e di diffondere la stampa cattolica in tutte le sue forme», egli aggiungeva che «bisogna preoccuparsi anche delle tecniche moderne di diffusione e di cltura, ché è nota l'importanza oggi di una pubblica opinione formata ed illuminata»4.

Da ogni parte – dall'Africa nera come dall'India, dall'Asia del Sud come dalla Corea – giungono appelli accorati. Un'assistenza tecnica sulla stampa su scala mondiale organizzata dalla vostra Associazione sarebbe particolarmente opportuna ed in armonia con le esortazioni tante volte reiterate di Sua Santità. Tra i compiti propri delle Organizzazioni Cattoliche Internazionali, non è forse evidente che questo è proprio dell'UIPC? Il Santo Padre conosce ed apprezza la campagna d'informazione già iniziata per preparare il pubblico in questo senso. Egli nutre fiducia che nel Congresso di Santander si prenderanno decisioni generose per creare o sviluppare in questi paesi una operosa stampa cattolica, non solo fornendo loro i mezzi materiali e le macchine di cui difettano, ma anche inviando personale tecnicamente qualificato, e capace di formare professionisti; e forse anche favorendo la circolazione tanto importante di un'informazione sana.

Ecco un'autentica grande missione che la stampa cattolica è chiamata ad assolvere al servizio della Chiesa. Sua Santità non dubita che l'UIPC saprà compierla nella maniera migliore [...].

 

1 Segreteria di Stato, Lettera a Dalla Torre (1935); Pio XI, Discorso «Aux paroles si nobles» (1936); Pio XI, Discorso «Siamo ancora» (1936).

2 Giovanni XXIII, Enciclica «Ad Petri Cathedram» (1959).

3 Pio XII, Enciclica «Fidei donum» (1957).

4 Giovanni XXIII, Enciclica «Princeps Pastorum» (1959).

 

 

Fonte: Archivio della Segreteria di Stato.