Lettera a Giuseppe Dalla Torre

Segreteria di Stato, 22 agosto 1957

 

Il Sommo Pontefice coglie volentieri ogni occasione che gli si presenti per confermare ai rappresentanti della stampa la sua stima per la loro importante e difficile professione. Ma poche circostanze, sotto questo aspetto, sono tanto favorevoli come i congressi periodici organizzati dall'Associazione Internazionale della Stampa Cattolica. Dopo Roma e Parigi, le prossime assise si terranno nell'antica e celebre capitale dell'Austria, e la prossimità della data con quella del Congresso mondiale dell'apostolato dei laici, senza dubbio le procurerà quest'anno una maggiore partecipazione internazionale. Il Santo Padre ne gioisce [...]; il suo pensiero va a tutti quei suoi figli che, come editori, giornalisti, direttori o redattori di agenzie-stampa, s'adoperano a servire la verità nel campo complesso e delicato dell'opinione pubblica. A tutti egli esprime la sua paterna fiducia e l'attesa legittima che egli fonda sulla potenza che essi rappresentano.

L'ampio tema del Congresso è La stampa cattolica nella Chiesa e nel mondo. Conferenze e discussioni tratteranno l'insieme dei problemi professionali – morali e tecnici – che oggi si pongono, nella maggior parte dei quali sua Santità ha già abbondato in insegnamenti. Già questi, senza dubbio, basterebbero a guidare i vostri lavori. Ma, se è vero che «fa orrore l'ondata di errori e di falsi principi morali oggi diffusi dalle tecniche di comunicazione»1, conviene insistere ancora una volta sull'impegno di verità proprio della stampa cattolica: suo scopo, infatti, e suo titolo d'onore è di servire la verità nella Chiesa e nel mondo con i mezzi che le sono propri.

Innanzi tutto occorre essere veri nell'informazione. Basta, purtroppo, aprire certi giornali per costatare i cento modi di falsare un'informazione. Leggerezza di chi lancia una notizia senza sufficiente controllo: cioè senza un controllo proporzionato all'importanza dell'evento ed alle sue possibili ripercussioni. Mancanza di obiettività nel modo di gonfiare un evento, oppure nel ridurlo ad un fatto ordinario, non rispettando il suo peso reale, e nell'unico intento di attirare e di lusingare il lettore. Disonestà di quanti tagliano, sì da snaturarlo, un comunicato o una notizia di agenzia, oppure che fanno passare soltanto le notizie favorevoli alle loro proprie posizioni, condannando le altre ad un'autentica congiura del silenzio; oppure che accompagnano le notizie con commenti tendenziosi o con congetture maligne... L'opinione pubblica rifiuta di venir trattata così da quelli che dovrebbero servirla. Essa chiede di essere illuminata: non forzata, e neanche sedotta o ingannata. Ma, purtroppo, questo molto spesso si verifica quando una stampa senza scrupoli giuoca con le reazioni del pubblico, portandolo come gli pare alla passione o all'indifferenza, sbandierando il delitto ed ignorando la virtù, nel disprezzo dell'onestà di un popolo.

Contro siffatti disordini la stampa cattolica deve reagire con energia, e nel suo impegno di riordinamento deve chiedersi, senza fariseismi, se non le sia mai capitato di indulgere anch'essa ai difetti di un'epoca in cui forte è la tentazione di abusare di una opinione esageratamente malleabile.

Certo, non è cosa facile oggi scegliere controllare e commentare le notizie. Il Santo Padre riconosce che, sotto questo aspetto, date le condizioni ed i limiti di lavoro, le esigenze professionali sono «quasi esorbitanti»2. Ma se si ama la verità, se si rispettano i propri lettori, resta l'obbligo grave di «rispettare i limiti che la veracità proibisce assolutamente di varcare»2, ed anche di prendere tutte le garanzie richieste, come pure di avere il coraggio di lealmente rettificare gli errori nei quali si sia incorsi.

Lavorare per la verità nell'informazione comporta, sotto l'aspetto positivo, cercare e diffondere le notizie che possono dare una visione esatta della vita del paese e delle nazioni vicine o lontane. Certi avvenimenti religiosi o culturali, sociali, economici o politici sono rivelatori di una mentalità o di condizioni di vita; grandi problemi assillano continenti diversi dal nostro: perché attendere, per parlarne, che qualche fatto clamoroso porti l'attenzione su di essi? Soprattutto, perché esporre un pubblico sensibile ad inutili emozioni, non fornendogli tempestivamente le informazioni cui aveva diritto? Per la stampa cattolica questi rilievi rivestono maggiore importanza quando si tratti della vita stessa di quel vasto corpo che è la Chiesa. Compito dei giornalisti è far circolare da un membro all'altro, come sangue vitale, le notizie esatte e dettagliate, capaci di dare ai fedeli il senso della cattolicità, di sensibilizzarli ai molti problemi che si pongono ed all'immensità dei bisogni da soddisfare, ed infine di stimolare la loro carità, tanto più generosa quanto meglio sarà informata.

E qui l'informazione, assolve il compito di una vera e propria formazione dell'opinione, che esige anch'essa un lavoro di verità.

Il lettore cattolico, ed in genere ogni lettore attento ad una stampa seria e competente, deve essere formato prima di tutto suscitando in esso il bisogno di quella informazione giusta ed ampia, di cui si è trattato. In realtà troppo spesso i responsabili della stampa incolpano le necessità di bilancio che li spingono – essi dicono – a soddisfare le richieste del loro pubblico ed a piegarsi alle esigenze del potere economico o dei partiti politici. Certo, le difficoltà finanziarie di una stampa cattolica che voglia essere veramente educativa sono grandi. Ma se, sollecitati dai loro vescovi, clero e fedeli si convincono del loro grave dovere di sostenerla, essa vivrà, si svilupperà e s'imporrà per la sua qualità, la larghezza di visuale, i suoi giudizi sicuri e moderati. Che essa rinunci di buon grado ai vani vantaggi di un interesse volgare o di una popolarità di cattiva lega; che sappia mantenersi con energica e fiera dignità, inaccessibile a tutti i tentativi, diretti o indiretti, di corruzione [...]. Così facendo guadagnerà in valore intrinseco, finirà col conquistare la stima, e poi la fiducia»3.

Del resto, sotto questo aspetto, il problema del giornale cattolico può essere risolto solo con la collaborazione di tutte le buone volontà e la confluenza di tutti gli sforzi. È còmpito dell'Unione Internazionale da voi presieduta e delle tre Federazioni che la costituiscono, d'illuminare su ciò il pubblico e di favorire i vicendevoli servigi che favoriranno i giornali nel loro lavoro; com'è suo compito peculiare promuovere un aiuto efficace ai giornali cattolici dei paesi di missione, che troppo spesso non riescono ad essere autosufficienti.

Quest'opera di formazione del lettore rispetto alla molteplicità e di versità delle notizie quotidiane è insostituibile e decisiva, dato che caratteristica del giornale è l'essere legato all'attualità e partire dagli eventi che interessano il pubblico. Tuttavia l'azione del giornalista cattolico al servizio della verità, della giustizia e della pace può e deve procedere oltre. Guida e consigliere dei suoi lettori, svolgendo presso milioni di adulti un autentico lavoro di educatore egli esprime a nome loro le reazioni della coscienza cristiana e si rende interprete di un'opinione libera e matura. Egli avvia alla riflessione, senza forzare il giudizio; spinge all'azione, senza costringere alla decisione; alimenta l'entusiasmo per le grandi cause, senza scatenare la passione popolare. Splendido compito, e quanto bene assolto da grandi giornalisti cattolici!

Avanti alla quantità delle loro responsabilità, il Santo Padre esorta ancora una volta tutti i suoi figli della stampa a prepararsi coscienziosamente ad assolvere questo ruolo importante nella società. Devono formare se stessi prima di pretendere di formare i loro fratelli: perciò in un recente messaggio Sua Santità raccomandava loro «seri studi e un vero approfondimento dei principi fondamentali della filosofia e della teologia cristiana»4. Essi hanno il dovere di attingere la regola del loro giudizio in materia religiosa e morale, nell'insegnamento della Chiesa, maestra di verità, e di adeguarsi con leale docilità alle direttive dei pastori costituiti da Dio. Nell'espletamento della loro professione – dai migliori ritenuta un vero e proprio apostolato della penna –, ammetteranno tra di loro legittime differenze d'opinioni; ma, in un mondo sconvolto e spinto all'angoscia, daranno esempio di moderazione di giudizio, preferendo quanto li unisce a quanto li divide, unendo sempre la carità alla verità. «Il fondamento di tutto è la verità; il termine e il coronamento di tutto è la carità. Il fondamento deve rimanere intatto, altrimenti tutto crolla [...]: ma il fondamento della verità non basta»5.

Questo è l'ideale nel servizio della verità che il Sommo Pontefice ripropone ai professionisti della stampa, ricordando loro che «La qualità principale del giornalista resta sempre un amore incorruttibile alla verità»6.

 

1 Pio XII, Discorso «Gentlemen of the Press» (1957).

2 Pio XII, Discorso «Nous nous réjouissons» (1953).

3 Pio XII, Discorso «L'importance de la presse» (1950).

4 Pio XII, Radiodiscorso «We are sincerily» (1957).

5 Pio XII, Discorso «L'intimo conforto» (1956).

6 Pio XII, Discorso «Nous nous réjouissons» (1953).

 

 

Fonte: Archivio della Segreteria di Stato.