Discorso del Santo Padre Pio XI ai delegati della FIPRESCI - Federazione Internazionale della Stampa Cinematografica

21 aprile 1936

 

Sua Santità diceva di dover cominciare col ringraziare quei cari signori, quei cari suoi figli e figlie, per il pensiero di essere andati a visitare il Padre Comune nella sua casa, che, a giusto titolo, è detta la casa di tutte le anime, dei credenti, dei cattolici in particolare. E il Padre ringraziava per aver essi voluto compiere quella visita così gradita; trattandosi di un'udienza che egli non esitava a porre tra le più notevoli, non solamente in ragione delle loro personalità così distinte e degne, ma soprattutto a causa di ciò che esse gli rap-presentavano: la Federazione Internazionale della Stampa Cinematografica.

Ecco qualche cosa di molto importante, e sotto diversi aspetti. Il Santo Padre diceva di dover esprimere la sua riconoscenza ricordando una promessa della Federazione – fattagli dal Presidente e dal Segretario generale in occasione di un'altra udienza, nell'agosto del 1934 a Castel Gandolfo – promessa secondo cui il Papa nella stessa Roma avrebbe potuto fare delle costatazioni consolanti in tema di stampa del cinematografo e della cinematografia in generale. Infatti, Sua Santità doveva congratularsi con quei suoi figli perché, secondo quanto aveva potuto seguire attraverso informazioni e comunicazioni sui lavori del Congresso, vi era subito qualche consolante costatazione che poteva farsi, doveva farsi. Egli voleva dapprima felicitarsi con S. E. Alfieri, il quale nel Congresso aveva precisamente fatto questo rilievo: che in genere si può notare un qualche progresso – e specialmente in Italia, ed il Papa ne è particolarmente contento – soprattutto in tema di controllo della stampa cinematografica, della produzione cinematografica. Su questo, in modo singolare, S. E. Alfieri aveva richiamata l'attenzione del Congresso; ed era, la sua, una bella e preziosa costatazione, giacché – diceva Sua Santità – il controllo è una delle grandi necessità e il gran mezzo – pur non dovendosi trascurare senza dubbio il cercarne degli altri, – uno dei più efficaci mezzi per incanalare tutta la grande produzione del cinematografo e tenerla in quelle linee ove deve stare, sotto pena di enorme e grande colpevolezza. E non meno d'accordo è il Supremo Pastore quando si dice che tutti i cittadini, di tutti i paesi, devono collaborare alla elevazione del cinematografo: è quello che hanno fatto (e che Sua Santità non saprebbe mai abbastanza elogiare) le donne svizzere, e i vescovi, i cattolici, gli onesti degli Stati Uniti.

Tornando al controllo, è ovvio che esso richiede un'attenzione tutta particolare, e domanda e merita delle attenzioni accentuate specie in riguardo alla sua estensione e profondità.

Alla estensione, poiché è ben noto, e si deve purtroppo costatare, che molta produzione cinematografica sfugge a tale controllo. Le produzioni cinematografiche arrivano dappertutto: e ve ne sono, purtroppo, molte che eludono ogni vigilanza e arrivano direttamente al pubblico senza passare attraverso il controllo: di qui la necessità imprescindibile di estendere la benefica efficacia di questo.

E poi la profondità, poiché, evidentemente, c'è controllo e controllo: v'è il controllo severo, il controllo troppo severo; al contrario, c'è il controllo benigno, benevolo, troppo benigno e benevolo. Dice un assai noto proverbio italiano: «Il troppo storpia». Ma il controllo deve essere giusto, deve essere giustamente severo! Quale immensa disgrazia, infatti, se in questo campo la regola giusta non è osservata! Quale grande sventura se il controllo non funziona sia in quantità che in qualità, sia in estensione che in profondità e severità! Che succede quando un cosiffatto controllo non si verifica? È triste a dirsi: in questo caso il controllo diventa il passaporto per ogni produzione, anche per la più deplorevole, il polverino sulla scrittura, il diritto di passaggio, il facile accesso ad ogni presentazione.

Inoltre, Sua Santità aveva visto – dai sommari resoconti del congresso – che questo si era occupato di un certo dilettantismo, di un tal quale cinemadilettantismo, sia in riguardo alla stampa cinematografica, come in riguardo alla produzione cinematografica.

Vi può essere, infatti, un dilettantismo nella produzione, più facile è il dilettantismo nella stampa... Ora Sua Santità esprime con tutto il cuore l'augurio che il dilettantismo non abbia ad entrare nel campo della cinematografia: ché esso non ha mai portato nulla di buono, dilettantismo essendo sinonimo di incompetenza, salvo rare eccezioni.

E un'altra costatazione l'Augusto Pontefice diceva di aver colta dai lavori del congresso. Egli si affrettava a congratularsi con il signor Fontana, capo della delegazione italiana, per aver detto una parola molto a proposito, quando aveva accentuata la necessità di una elevazione del livello della stampa cinematografica; quando aveva posto in risalto la necessità di rendere tale stampa indipendente dalle case produttrici. Costatazione pratica, ovvia e salutare: non si saprebbe infatti pensare ad una stampa, degna di questo nome, che non giudichi come deve giudicare, che non sia indipendente. Per la stessa ragione il Santo Padre voleva felicitarsi con il capo della delegazione francese, signor Chataignier, che aveva associata la sua voce a quella della delegazione italiana, ed aveva particolarmente invitato i giornali, i giornalisti, la grande stampa, a voler contribuire alla elevazione, sia artistica, che morale, tanto della stampa cinematografica quanto della produzione cinematografica. Ecco dei voti – soggiungeva Sua Santità – che egli non può non desiderare ardentemente che siano accolti dappertutto, e ovunque assecondati; poiché non può pensare a ciò che quegli egregi signori gli rappresentano, cioè la stampa cinematografica, la cinematografia, senza por mente ad un fatto che si verifica sempre: senza pensare cioè ai milioni – secondo le statistiche periodiche che vengono pubblicate ai milioni non solo di uomini maturi, ma di giovani, di giovinette, di adolescenti, di fanciulli; dei milioni che passano dinanzi al cinematografo per vedervi ben spesso esibirsi, nel modo più attraente, tutto ciò che ben sovente non è che un vero oltraggio, un vero insulto a tutto quanto v'è di più bello, di più delicato, di più onorevole nelle anime, nelle giovani anime.

Quando pensiamo a ciò – continuava il Santo Padre – c'è da piangere: ciò è terribile; la sua pena, è vero, è, e deve essere, più grande perché da Dio che gli è stata affidata la paternità universale appunto di tutte le anime; ma qualunque uomo d'intelligenza, di cuore, di sentimento deve piangere con lui. Il Papa, infatti, non parla soltanto in nome della religione; non soltanto in nome di questo ideale egli sente e richiama: è meno dal punto di vista religioso che dall'insieme di tutti i sentimenti: familiare, statale, nazionale, che la preoccupazione deve essere estesa e sentita. [...] È impossibile di non riflettere a questo processo di vera e propria intossicazione delle anime e delle intelligenze, che ha la sua origine appunto in quelle esibizioni cinematografiche dinanzi a cui passano milioni d'individui ogni anno, ogni mese, ogni giorno, con l'effetto inesorabile di una intossicazione spirituale, di un annebbiamento di tutte le pure, nobili idee: di un vero attentato alla volontà, alla povera volontà umana, che deve spesso sostenere tante lotte per restare fedele al dovere; il quale non sempre è sinonimo di piacere.

Tutto ciò induceva il Santo Padre a ripetere quanto già aveva avuto modo di dire nell'udienza di Castel Gandolfo, allorché aveva ricordata l'immensa responsabilità di coloro dai quali dipende questo straordinario mezzo o di istruzione – poiché è ovvio che il cinematografo può servire, con i suoi rapidissimi dati che colpiscono la vista e anche l'udito, alla formazione di tante intelligenze –; o di costruzione, e dunque di costruzione umana, di costruzione sociale, di costruzione nazionale, o invece di totale, di tremenda distruzione. Ecco qui delle responsabilità sopraggiunte all'ultima ora, nella storia dell'umanità, ma certo le più grandi e le più formidabili.

A quei cari figli ed egregi signori il Santo Padre affidava pertanto una raccomandazione che egli sapeva sarebbe ben collocata nelle loro intelligenze e nei loro cuori, e che ben si raccomandava al loro accoglimento ed assecondamento. Egli si rallegrava di ciò che essi possono fare a proposito di stampa cinematografica : sicuramente – ed era questa la considerazione particolare che il Papa doveva fare – il cinematografo non sarebbe ciò che è, se la stampa l'avesse seguito sempre, fin da principio, in un modo necessariamente oculato, rigido; se la stampa cinematografica, così qualificata, avesse sempre espletato il suo ufficio, com'è dovere, secondo virtù, secondo verità, secondo giustizia, distribuendo appunto in base a tali presupposti e a tali indispensabili elementi, l'elogio e il biasimo. Se così fosse sempre stato, certamente molto si sarebbe guadagnato e molti mali sarebbero stati risparmiati; e se così sarà l'avvenire, se cioè la stampa cinematografica si conformerà a queste indispensabili direttive, molti disastri morali potranno essere, nel futuro, evitati [...]

 

Fonte: Sintesi in L'Osservatore Romano, 23 aprile 1936.