Discorso del Santo Padre Paolo VI: «En accueillant»

28 novembre 1968

 

[...] rispetto al problema della comunicazione sociale in genere, la coscienza della Chiesa avanza e progredisce. Basti ricordare qualche tappa recente.

Dopo una mentalità non del tutto scevra di incertezze, per non dire di una certa diffidenza, riguardo a questi rumorosi strumenti della comunicazione sociale che sono la stampa, la radio, il cinema e la televisione, le autorità della Chiesa si sono progressivamente rese conto della loro importanza, delle loro vaste possibilità – nel bene e, purtroppo, anche nel male –, e di quanto urgesse in questo terreno una presenza della Chiesa per servire, per ispirare, per contribuire, nei limiti del possibile, a cristianizzare questo settore, che andava sempre allargandosi, dell'attività umana. E con attenzione crescente hanno studiato i modi possibili di questa presenza, hanno agito, hanno istituito organismi locali e centrali, in una rete che ormai si estende a tutto il mondo. La varietà stessa delle vostre provenienze ne è una prova.

Quanta strada è stata percorsa dalla «Vigilanti cura» di Pio XI!1 Quanti e quali punti dottrinali, in questo campo, sono stati lumeggiati nei magistrali discorsi di Pio XII e nella sua «Miranda prorsus2; e, finalmente, quanto opportuna si è rivelata la recente istituzione di una Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali!

E la coscienza della Chiesa, che ha segnato questi progressi, li ha palesati in uno dei primi atti del recente Concilio: il decreto «Inter mirifica»3. [...] Abbiamo, dunque, buoni motivi di rallegrarci cordialmente con voi e di congratularci per quanto felicemente é stato attuato in questi ultimi tempi in un settore tanto importante per il buon equilibrio della società odierna.

Ma i risultati raggiunti non devono nasconderci un'altra verità, purtroppo altrettanto evidente. A siffatta graduale consapevolezza ed a siffatte iniziative della Chiesa per mettere in opera certi strumenti ed organismi, corrispondono in concreto risultati molto magri, in ogni caso non proporzionati alla vastità del terreno da seminare. Lungi da noi il voler minimizzare l'utilità di certi programmi cattolici, veramente eccellenti, attuati in vari paesi; e saremmo ingiusti se non dessimo atto di meritevoli sforzi della nostra Radio Vaticana. Sarebbe non meno giusto ricordare l'attività dell'UNDA, e le promettenti iniziative che vediamo affermarsi qua e là: per esempio, Radio Sutatenza, in Colombia, oppure l'impresa radiofonica che sta attuandosi nelle Filippine col nome di Radio Veritas. Ma, una volta ricordati questi modesti, se pur promettenti inizi, dobbiamo chiederci in tutta schiettezza: quale eco ottiene la parola di Dio nel coro tumultuoso di tante voci umane? Quanto spazio occupa oggi la nostra visione cattolica del mondo e dell'uomo nell'immenso intrecciarsi delle comunicazioni sociali?

Quanto spazio, per esempio, nel cinema: nella produzione dei film, nella critica cinematografica? Proporzionalmente alla produzione mondiale, a che punto siamo nella percentuale dei film moralmente sani, realizzati dai cattolici, o che almeno risentano di una concezione della vita ispirata all'ideale cristiano? Quando, invece, assistiamo ad una proliferazione di film, che non solo feriscono la sensibilità morale e spirituale dello spettatore, ma ne oltraggiano anche i sentimenti religiosi.

E nell'immenso mondo della stampa mondiale? Vi è forse meglio presente la nostra visione cristiana? Sì: con i suoi quotidiani, le sue riviste, i suoi rotocalchi essa vi occupa senz'altro un buon posto. Ma, anche qui, se vogliamo essere realisti, quali costatazioni non siamo costretti a fare? Che è mai, nel flusso torrentizio di stampati che ogni giorno si rovescia sul mondo, il rivoletto alimentato dalla stampa di ispirazione cristiana? E quante non sono le difficoltà che questa stampa deve affrontare, non solo per diffondersi, ma per sopravvivere, per restare ciò che vuole essere, senza cedere alle pressioni di un mondo molto più propenso a criticare ed a rimettere in discussione, piuttosto che a esaltare ed a diffondere il pensiero cattolico?

Ma il problema merita di essere affrontato in tutta la sua ampiezza. Si tratta, infatti, non soltanto di avere una stampa cattolica, ma di attuare una presenza ecclesiale nella stampa che si dice neutra, o di grande informazione. E ciò richiede che molti fedeli figli della Chiesa dediti al giornalismo abbiano una consapevolezza acuta della loro missione, che si dimostrino capaci, con la propria preparazione professionale e con la propria altezza di vedute, d'imporsi all'attenzione ed alla stima, in un settore dove si attende quel «supplemento d'anima» che essi possono e debbono apportare.

Questi semplici rilievi, cari figli, non fanno che lumeggiare l'importanza del compito della vostra Commissione, e I'urgenza della funzione che essa é chiamata ad assolvere nel servizio della Chiesa. Se il mondo, come tutti riconoscono, sta cambiando, uno degli aspetti più macroscopici di questo cambiamento si verifica certamente nel settore delle comunicazioni sociali, più che mai dilatato da quando sono entrati in attività i satelliti artificiali. Dobbiamo certo applaudire al progresso, ma anche essere in grado di difendere l'uomo dagli abusi in cui lo stesso progresso potesse incorrere. Questa visione realista delle cose, lungi dallo scoraggiarvi, vi sia di stimolo all'azione [...].

 

1 Pio XI, Enciclica «Vigilanti cura» (1936).

2 Pio XII, Enciclica «Miranda prorsus» (1957).

3 Concilio Vaticano II, Decreto «Inter mirifica» (1963).

 

FonteL'Osservatore Romano, 29 novembre 1968.